L’ATTENTATO IN IRAN CONTRO LA CERIMONIA PER SOLEIMANI RISCHIA DI ALLARGARE LA GUERRA A GAZA
103 morti, 141 feriti: il bilancio (ancora parziale) dell’attentato avvenuto questo pomeriggio in Iran durante la cerimonia di commemorazione per il generale Soleimani rischia di far esplodere ancora di più l’escalation in Medio Oriente, aumentando le possibilità che la guerra Israele-Hamas non resti “confinata” solo nella Striscia di Gaza. «È un attacco terroristico», denuncia la tv di Stato a Teheran, confermato poco dopo anche dalla vicina Turchia con il Presidente Erdogan, «un atroce attacco terroristico». I fatti: nel centro dell’Iran a Kerman, nel luogo dove è sepolto il generale Soleimani (ucciso 4 anni fa da un drone americano a Baghdad in quanto ritenuto responsabile dell’attacco all’ambasciata Usa), due esplosioni sono deflagrate nel pomeriggio causando più di 100 morti in una strage immane di civili iraniani, accordi per l’anniversario della morte del generale.
Hezbollah, Hamas e Houthi – i tre fronti della guerra a Israele – sono tutti in maniera diversa rappresentanti della filiera pro-Iran e dopo la due giorni di attacchi, ieri al n.2 di Hamas Arouri, oggi la strage iraniana, potrebbe definitivamente implodere l’escalation in Medio Oriente. Secondo l’agenzia di stampa Tasnim, le esplosioni avvenute in Iran a Kerman sarebbero state causate «da due borse-bomba che si trovavano all’ingresso del cimitero e chi le ha fatte scoppiare le avrebbe azionate a distanza con un telecomando». Secondo il capo della magistratura iraniana, Gholamhossein Ejei, «I terroristi dietro l’esplosione nel cimitero di Kerman sono mercenari di potenze “arroganti” (si riferiscono agli Stati Uniti e i suoi alleati, ndr) e saranno certamente puniti». In attesa delle decisioni prese da Nasrallah, leader Hezbollah che oggi pomeriggio interverrà in un discorso pubblico, il timore di una guerra ad ampio raggio contro Israele e i suoi alleati – che vada da Gaza al Libano fino al Mar Rosso – è sempre più vicina.
LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA ISRAELE-HAMAS DOPO L’UCCISIONE DEL N.2 AROURI: LE REAZIONI DALL’IRAN ALLA CISGIORDANIA
Nell’89esimo giorno di guerra fra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, forse per la prima volta i riflettori della comunità internazionale sono tutti proiettati sugli altri due fronti del conflitto: il Libano, dopo che ieri un raid israeliano ha ucciso a Beirut il n.2 di Hamas, e il Mar Rosso dopo l’escalation sempre più inquietante dei ribelli Houthi contro le navi commerciali internazionali. La guerra “latere” fra Hezbollah, principali alleati islamisti di Hamas fin dall’inizio del conflitto, e lo Stato Ebraico ha portato in questi primi mesi ad un continuo scambio di razzi e missili con già diverse vittime su entrambi gli schieramenti: il Governo Netanyahu però nella giornata del 2 gennaio – pare senza avvertire preventivamente l’alleato americano se non ad attacco in corso (lo spiega l’agenzia Axios citando fonti dell’amministrazione Biden) – ha sferrato un durissimo attacco alla periferia di Beirut, colpendo una roccaforte di Hezbollah.
Bilancio con diversi feriti e decine di morti, tra cui però l’obiettivo principale dell’attacco di Israele contro Hezbollah: è stato ucciso il numero due di Hamas Saleh al-Arouri, principale collaboratore del leader politico Ismail Haniyeh e “stratega” degli attacchi di Hamas contro Israele lo scorso 7 ottobre. Immediata l’ira degli alleati di Hamas, su tutti Iran e l’area sciita del Libano: «l’uccisione di Al Arouri non resterà impunit», attacca il movimento sciita libanese filoiraniano Hezbollah. Gli fa eco stamane il ministro degli Esteri dell’Iran, Hossein Amir-Abdollahian: «codarda operazione terroristica che dimostra come il regime sionista non ha raggiunto nessuno dei suoi obiettivi dopo settimane di crimini di guerra, genocidio e distruzione a Gaza e in Cisgiordania, nonostante il sostegno diretto degli Stati Uniti». Stamane tra le prime reazioni “a caldo” all’uccisione di Arouri, due soldati sono stati feriti leggermente dall’attacco con missili anticarro di Hezbollah al confine tra Israele e Libano. In Cisgiordania invece, dove la guerra Israele-Hamas è giunta già da settimane con lo scontro intrinseco tra coloni israeliani e palestinesi, sono scattate proteste e scioperi a Ramallah, Nablus e Hebron, con ulteriore tensione accresciuta.
NON SOLO GAZA: LA GUERRA NEL MEDIO ORIENTE È SEMPRE PIÙ SUL FRONTE HOUTHI
«Siamo profondamente preoccupati per il rischio di una escalation più grave», spiegano dalla Missione Unifil in Libano dopo le ultime crescenti tensioni nell’area a ridosso della sanguinosa guerra Israele-Hamas. Se infatti i raid nella Striscia di Gaza non si placano neanche nelle ultime ore convulse dopo l’uccisione di Arouri a Beirut, l’escalation forse ancora più potenzialmente devastante è quella che si prospetta nel Mar Rosso con l’altro fronte di “fiancheggiatori” dell’azione di Hamas contro lo Stato israeliano, ovvero i ribelli filo-iraniani yemeniti Houthi.
Dopo le azioni criminali compiute negli scorsi giorni dai miliziani con missili e raid contro le navi commerciali nel Mar Rosso (non solo quelle battenti bandiera di Israele), la coalizione internazionale a guida americana ha alzato il livello di tensione colpendo e distruggendo alcune navi Houthi a Capodanno: la reazione durissima da Teheran è stata, oltre alla condanna del conflitto, l’invio di una nave da guerra nel Mar Rosso. Per la stampa Uk, Regno Unito e Stati Uniti sarebbero sul piede di guerra, «prossime a bombardamenti aerei contro le infrastrutture degli insorti yemeniti, manovrati da Teheran e responsabili di 23 attacchi a navi in transito nel mar Rosso», riporta oggi l’analisi dell’Avvenire. Le parole del Ministro della Difesa a Londra, Grant Shapps, sono ancora più esplicite: «Se gli Houthi continuano a minacciare le vite degli equipaggi e i commerci, reagiremo con le misure necessarie e appropriate».
Dall’Italia continua la vicinanza del Governo Meloni agli alleati Nato, sottolineando però la necessità di una trattativa proficua per una pace generale nel Medio Oriente: «Il nostro primo obiettivo, dell’Italia e del G7, è impedire che il conflitto si allarghi», ha spiegato a Rai News24 il Ministro degli Esteri Antonio Tajani dopo aver sentito nelle scorse ore l’omologo americano Antony Blinken, «Tutte le nostre iniziative sono portate a ridurre la tensione, in un contesto veramente molto deteriorato perché non c’è soltanto la guerra che si sta combattendo nella Striscia di Gaza, c’è lo scontro tra Israele e gli Hezbollah al confine settentrionale e poi ci sono i ribelli yemeniti che stanno attaccando i mercantili nel Mar Rosso. Fare di tutto perché la tensione diminuisca».