NETANYAHU: IL PIANO POST GUERRA ISRAELE-HAMAS, IN COSA CONSISTE

Nel 140esimo giorno di guerra in Medio Oriente tra Israele e Hamas, mentre in Egitto continuano col “singhiozzo” i negoziati per un possibile cessate il fuoco momentaneo, da Tel Aviv arrivano importanti novità legate al piano post-guerra che il Premier Netanyahu avrebbe consegnato ai funzionari del Gabinetto di guerra per l’approvazione delle prossime ore. I dettagli di questo piano sono stati svelati dal Times of Israele e vi sono diversi punti già preannunciati dal leader israeliano nei primi mesi di guerra: in primis, tra gli aspetti chiave, emerge la chiusura completa dell’Agenzia UNRWA in Medio Oriente.



L’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi, dopo aver di fatto ammesso che alcuni dei suoi dipendenti hanno partecipato attivamente agli attacchi terroristici di Hamas contro Israele lo scorso 7 ottobre, è nell’occhio del ciclone da tempo ormai: per concludere dunque la guerra Israele-Hamas, Netanyahu è pronto a forzare la mano e impedire quanto avvenuto, in maniera presunta al momento, con i 12 dipendenti coinvolti nelle stragi e stupri di massa dello scorso ottobre. «Israele lavorerà per sostituire l’agenzia con organizzazioni umanitarie internazionali responsabili», si legge nel documento riservato trapelato alla stampa israeliana. Lo scioglimento non dovrebbe avvenire nel breve termine, ribadiscono da Tel Aviv, in quanto al momento l’UNRWA è di fatto l’unica organizzazione di distribuzione degli aiuti ai civili nel territori e si ritiene che la sua chiusura «rischierebbe di provocare una catastrofe umanitaria che potrebbe costringere Tel Aviv a cessare i combattimenti contro Hamas». Gli affari civili a Gaza saranno gestiti da «funzionari locali», si legge ancora, con esperienza amministrativa e «non legati a Paesi o entità che sostengono il terrorismo». Infine il piano di Israele contro Hamas indica nel breve termine la continuazione della guerra fino al raggiungimento degli obiettivi, ovvero «la distruzione della capacità militari e delle strutture di governo di Hamas e della Jihad islamica, ritorno degli ostaggi, rimozione di ogni minaccia di sicurezza da parte di Gaza».



COME VANNO I COLLOQUI IN EGITTO: RAFFORZATE MISURE SICUREZZA AL CONFINE

Dopo giorni i profonde spaccature all’interno dell’alleanza Usa-Israele per la pressione della guerra portata a Rafah da parte delle forze Idf e il rischio concreto per un milione di civili in fuga dalla guerra, un messaggio apparso nelle scorse ore su X del Presidente Joe Biden sembra andare verso un tentativo di “appeasement” con l’alleato Netanyahu: «La stragrande maggioranza dei palestinesi non fa parte di Hamas. E Hamas non rappresenta il popolo palestinese. In realtà, anche loro stanno soffrendo a causa del terrorismo di Hamas. Dobbiamo essere chiari su questa realtà».



Mentre la guerra intanto prosegue tra Khan Yunis e Rafah tra le forze di Israele e la jihad di Hamas, i colloqui per un cessate il fuoco in Egitto continuano non senza problematiche profonde: come informa LaPresse citando agenzie locali, il leader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, ha lasciato l’Egitto dopo aver avuto colloqui al Cairo con funzionari egiziani sul possibile accoro nella Striscia di Gaza. Usa, Egitto e Qatar insistono per trovare la quadra ma finora le parti non sono riuscite a trovare un punto di contatto per impostare i termini del cessate il fuoco. Nel ‘frattempo l’Egitto con Al Sisi ha deciso di rafforzare le misure di sicurezza lungo il confine con Israele per impedire scontri tra i propri militari e quelli israeliani: informano le fonti a TgCom24, le reclute delle forze di frontiera egiziane «hanno seguito un periodo di addestramento più intenso dallo scoppio della guerra tra Israele e Hamas a Gaza, durante il quale hanno approfondito le questioni legate al confine israelo-egiziano, che si estende per circa 240 km».