IL PIANO PER EVACUARE I CIVILI DA RAFAH. NUOVO APPELLO DAL CARD. PAROLIN: “ISRAELE SI FERMI A GAZA”

L’evoluzione della guerra Israele-Hamas vede novità importanti su almeno tre fronti: l’operazione a Rafah (al confine con l’Egitto), le trattative sul cessate il fuoco e un importante appello lanciato dal Vaticano diretto al Governo di Israele. Andando con ordine, il Wall Street Journal riporta del piano presentato oggi dallo Stato Ebraico per una complessa l’evacuazione dei civili lungo la costa di Gaza. Gli emissari di Israele avrebbero presentato il piano all’Egitto che aveva minacciato ritorsioni qualora fosse cominciata l’operazione di guerra contro Hamas a Rafah senza prima l’evacuazione del circa un milione di palestinesi rifugiati in quell’are. Il piano – in vista dell’annunciata operazione dell’Idf nel sud – «individua 15 luoghi, con ognuno 25 mila tende, che vanno dalla punta sud di Gaza City fino a Moassi, a nord della città di Rafah», riporta l’ANSA su fonti WSJ.



Dai media israeliani viene invece dato conto di progressi significativi avvenuti nelle ultime ore tra Israele e Hamas per un accordo stimato in 6 settimane di cessate il fuoco: ostaggi liberati, prigionieri rilasciati e stop alle armi per circa due mesi sarebbero i temi discussi dal Mossa con gli emissari arabi presso Qatar ed Egitto. Secondo un esponente egiziano, citato dal Times of Israel, i mediatori avrebbero raggiunto ciò che hanno descritto come «un progresso relativamente significativo» e che le parti ora si focalizzano sulla stesura di «una bozza finale per un cessate il fuoco di 6 settimane con la garanzia di ulteriori negoziati per uno permanente».



Da ultimo riportiamo le importanti dichiarazioni del Segretario di Stato Vaticano, Card. Pietro Parolin, rilasciate al termine del bilaterale Italia-Vaticano con la Premier Giorgia Meloni (nel giorno in cui in Parlamento il Governo si è astenuto, di fatto dunque approvando, l’odg del Pd sulla richiesta di cessate il fuoco a Gaza, ndr): «È molto più difficile trovare soluzioni a queste problematiche, però si sta tentando di dare un contributo che possa essere positivo e avviare percorsi di pace». Per il diplomatico di Papa Francesco, la voce generale è chiara sulla guerra, «così non si può continuare. Serve trovare altre strade per risolvere il problema di Gaza, il problema della Palestina». Il Vaticano ribadisce oggi con Parolin quanto già detto fin dall’inizio della guerra Israele-Hamas: «da una parte, una condanna netta e senza riserve di quanto avvenuto il 7 ottobre, e qui lo ribadisco; una condanna netta e senza riserve di ogni tipo di antisemitismo, e qui lo ribadisco, ma nello stesso tempo anche una richiesta perché il diritto alla difesa di Israele, che è stato invocato per giustificare questa operazione, sia proporzionato. E certamente con 30 mila morti non lo è». Per il Segretario di Stato la speranza non va mai persa, come diceva Sant’Agostino: «la speranza poggia sullo sdegno e sul coraggio. Credo che tutti siamo sdegnati per quanto sta succedendo, per questa carneficina, ma dobbiamo avere il coraggio di andare avanti e di non perdere la speranza perché, se perdiamo la speranza, incrociamo le braccia. Invece bisogna lottare fino in fondo e cercare di dare fin dove possibile il nostro apporto, il nostro contributo».



LE ULTIME NOTIZIE SULLA GUERRA ISRAELE-HAMAS: TENSIONI SU LIBANO, GAZA E YEMEN

È Rafah il vero crocevia della guerra Israele-Hamas dopo 130 giorni netti di combattimenti nella Striscia di Gaza: l’operazione annunciata da Netanyahu per l’area a sud, a confine con l’Egitto, è già cominciata con i primi raid e le prime vittime palestinesi civili. Dall’intera comunità internazionale giunge ora in modo ormai unanime l’avvertimento ad Israele per non aprire un nuovo fronte di guerra interno alla Striscia, specie perché presso il Valico di Rafah soggiornano ormai più di un milione di civili in fuga da Gaza dopo l’inizio della guerra nelle scorse settimane. Hamas continua a resistere contro l’Idf con pesanti perdite ma non rinunciando a piazzare obiettivi militari e nascondigli “usando” i civili come scudi umani; di contro, l’esercito di Israele dopo le prime 30mila vittime ormai della guerra non sembra voler diminuire l’offensiva puntando alla piena «eliminazione di Hamas» come unico obiettivo prima di concludere la tregua.

Ieri sera il Presidente Usa Joe Biden ha ribadito per l’ennesima volta che i colloqui per un accordo ulteriore di cessate il fuoco restano in piedi, pur dopo il fallimento di quello precedente preparato da Cia, Mossad, Egitto e Qatar: «stiamo lavorando ad un accordo gli ostaggi tra Israele e Hamas che porterebbe a una tregua immediata e sostenuta di almeno sei settimane», ha detto il leader dem dopo l’incontro con il re di Giordania Abdallah II, il quale ha invece sottolineato come «Questa guerra deve finire, serve un cessate il fuoco permanente». Il regnante giordano ha aggiunto che gli attacchi contro civili, inclusi quelli del 7 ottobre mossi da Hamas, «non posso essere accettati da nessun musulmano». Di contro, gli Stati Uniti invitano Israele a ridurre le azioni di guerra, specie sul fronte sud: «La grande operazione militare di Israele a Rafah non può procedere senza un piano credibile per proteggere oltre un milione di civili». Significativo il fatto che da Pechino arrivi il medesimo avvertimento americano diretto verso Israele: «fermate l’operazione militare a Rafah il più presto possibile. La Cina si oppone e condanna le azioni che danneggiano i civili e violano il diritto internazionale».

MINACCE IRAN E GUERRA NEL MAR ROSSO: LE ULTIME NOVITÀ

L’esercito di Israele, in guerra ormai da mesi contro Hamas, continua intanto le operazioni a Khan Younis, la roccaforte degli jihadisti palestinesi nel sud della Striscia di Gaza, a pochi passi dal Valico di Rafah: il timore internazionale è che una volta conquistata la cittadina, i tank israeliani si dirigeranno verso l’enclave al confine con l’Egitto e la promessa di muovere guerra contro l’intera area a quel punto sarà mantenuta. Potrebbe avvenire con però delle conseguenze importanti che al momento stanno facendo discutere all’interno del gabinetto di guerra ebraico a Tel Aviv: Al Sisi dal Cairo ha fatto sapere che se Israele evacuate Gaza, la pace del 1979 sarebbe immediatamente sospesa, mentre alla Casa Bianca giungono pressioni dall’ONU e dall’Ue sull’ipotesi di bloccare le armi in difesa di Israele qualora si muovesse effettiva guerra contro Rafah.

In questa già complessa situazione di continua guerra fra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, non bisogna dimenticarsi gli altri fronti caldi del conflitto in Medio Oriente: in risposta a nuove attacchi ricevuti, l’Aeronautica militare israeliana ha colpito lunedì sera le infrastrutture terroristiche di Hezbollah nell’area di Tallouseh, nel sud del Libano, mentre nella notte nuovi missili dei ribelli filo-Iran in Yemen hanno colpito una nave mercantile greca che trasportava mais diretta in un porto dell’Iran in transito nel Mar Rosso. Di contro, stamane le Guardie Rivoluzionarie dell’Iran hanno risposto alla crisi locale sostenendo ancora gli Houthi e lanciando un missile balistico a lungo raggio dalla loro nave da guerra: «Il successo del test ha dimostrato la potenza navale dell’Iran e il miglioramento delle sue capacità navali di colpire qualsiasi obiettivo in tutto il mondo», ha spiegato il comandante delle Guardie rivoluzionarie Hossein Salami, aumentando le già ingenti preoccupazioni di Usa e comunità internazionale circa l’altra area “calda” della guerra Israele-Hamas.