UE ANNUNCIA PRIMI PASSI VERSO LA DE-ESCALATION IN KOSOVO
La piena distensione è ancora lontana ma di certo da oggi un orizzonte un po’ meno fosco appare sui cieli di Kosovo e Serbia, da mesi ad un passo dalla guerra civile dopo lo scontro sulle targhe (prima) e sui neo-eletti sindaci di Zubin Potok, Zvečan, Leposavić e Kosovska Mitrovica (dopo). Dopo la guerriglia urbana che ha coinvolto alcuni soldati della missione Nato “Kfor” – 30 feriti tra cui 11 italiani – l’Unione Europea ha provato ad avvertire in più occasioni i Governi di Serbia e Kosovo, sottolineando come l’esplosione di una guerra nei Balcani in questo particolare momento storico sarebbe un’autentica (e inutile) catastrofe.
«Ho tenuto oggi a Bratislava intense discussioni bilaterali con il vice premier del Kosovo Bislimi Besnik sulla de-escalation della situazione nel nord del Kosovo, in linea con la dichiarazione dell’Ue a 27 del 3 giugno, e sulla via da seguire nell’attuazione di tutti gli accordi di dialogo. Abbiamo concordato i primi passi verso questo obiettivo»: così ha annunciato oggi il rappresentante speciale dell’Ue nei Balcani occidentali, Miroslav Lajcak. Con il via domani al vertice Nato a Vilnius (Lituania), i grandi del Patto Atlantico si troveranno a discutere degli ingressi di Ucraina e Svezia nell’Alleanza, ma soprattutto saranno le dispute e il futuro dei conflitti tra Kiev-Mosca e Pristina-Belgrado a tenere banco tra i leader occidentali.
GUERRA KOSOVO-SERBIA, IL PIANO (IN CHIAROSCURO) DELL’EUROPA
Il lungo tentativo dell’Europa di trovare un piano di tregua tra Kosovo e Serbia sta iniziando a dare alcuni frutti anche se la piena de-escalation resta al momento lontana, sebbene siano diminuite nettamente le tensioni critiche per le strade: «Diminuire le tensioni è necessario non solo per la pace e la stabilità nella regione ma anche per ulteriori progressi verso l’integrazione europea», ha detto di recente l’ormai dimissionario Premier olandese Mark Rutte visitando Pristina per alcuni colloqui atti dalla tregua.
«In termini concreti ciò significa il ritiro delle unità speciali della polizia del Kosovo dalle vicinanze degli edifici municipali nel Nord del Paese dove è presente la minoranza serba», ha spiegato all’AgenSIR negli scorsi giorni l’analista dei Balcani Nikolay Krastev. Il casus belli dei sindaci insediati nell’area serba del Kosovo, rileva ancora l’esperto, «La ragione è che i serbi non hanno partecipato alle elezioni municipali alle quali ha votato solo il 3,9% della popolazione di origine albanese». L’Europa nelle richieste avviate lo scorso 27 giugno al Consiglio Ue ha “consigliato” il ritiro dei nuovi sindaci dagli edifici comunali e l’indizione di nuove elezioni nella parte settentrionale del Kosovo e successivamente la creazione dell’Associazione delle municipalità serbe. Il Premier Kurti sembra voler propendere a questa soluzione anche se la tensione resta purtroppo: come ha detto il Presidente serbo Aleksandar Vucic in merito alla crisi in Kosovo, «viene attuata una politica di pulizia etnica silenziosa con il consenso tacito di parte della comunità internazionale. Chiederò un incontro urgente con il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, in un posto qualsiasi, anche qui a Belgrado se vorrà venire, in modo da illustrargli la situazione reale, per spiegargli cosa possiamo ancora fare e cosa non possiamo più fare». Ancora Vucic ha poi spiegato che dopo il confronto di questi giorni con il leader della Nato, la Serbia «chiederà per la prima volta una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, alla luce del fatto che le vite dei serbi e la loro sicurezza sono in pericolo».