È tempo di rileggere Senofonte e la sua Anabasi. Si tratta di quel disastroso tentativo che furono costretti a compiere quei diecimila mercenari greci che una volta che Ciro fu sconfitto nel tentativo di spodestare il fratello Artaserse dal trono di un impero tra i più grandi che vi siano stati al mondo, si trovarono non solo respinti dai persiani, ma senza guida e abbandonati alla malasorte nel disperato tentativo di voler ritornare in patria senza più una guida.



Così sono gli Usa, che non sanno più a che santo votarsi ora che l’acume e il buon senso e la capacità diplomatica li ha completamente abbandonati. Noi, cittadini di uno dei tanti e diversi Stati del continente europeo che li abbiamo seguiti con disciplina, subiamo la stessa sorte.

Certo, il nemico che tutti ci sovrasta e contro cui dovremo e dobbiamo combattere dismettendo ogni polemica è più che terribile: è quanto di peggio sia scaturito dalle viscere dell’infamia storica.



È terribile perché è in primis asimmetrico, ossia è fatto di quelle schiere di migliaia e migliaia di terroristi che sono ben diversi dagli Stati che vollero per più volte distruggere Israele e che tentarono – sotto altre vesti beninteso – nel 2001 di infliggere un colpo mortale al prestigio nordamericano e occidentale con l’attentato alle Torri Gemelle. Ora l’attacco è quello di migliaia di terroristi che vogliono uccidere gli ebrei e coloro che li sorreggono senza tema.

Dinanzi a questa sfida gli Usa hanno perso la testa. Lo ripeto: non può essere che così, perché è altrimenti inspiegabile che si annunci che un presidente – e che presidente: già troppo anziano e sempre troppo dipendente dal suo staff -, si appresti a compiere delle visite di Stato in un contesto storico e geografico di guerra senza prevedere che proprio per quel contesto quelli che dovevano essere i suoi interlocutori non l’avrebbero ricevuto.



Una caduta terribile di status che segue a quella inferta – non solo a Biden, ma a tutte le nazioni che si stringono attorno a Israele costi quel che costi con e senza Netanyahu – da un’imperiale Pechino che ha schierato i centoquaranta Stati che hanno assistito alla scenografia dell’opera cinese sulla “Via della Seta”.

Se la “Via del Cotone” auspicata dall’ultimo G20, come ho già ricordato, ha provocato l’attacco asimmetrico di Hamas, dobbiamo attenderci una conseguenza altrettanto rilevante a seguito di questa manifestazione di potenza russo-cinese: manifestazione che dimostra come i frattali di un sistema internazionale incerto e privo di punti archetipali solidi ha cominciato ad assumere una forma ostile alla potenza dominante.

Essa non ha mutato il suo posizionamento unipolarista: anzi, l’ha infaustamente trasformato in una potenza sempre più sovrastata dal complesso militar-industriale combattente e non solo come strumento di centralizzazione economica come ha fatto negli ultimi quarant’anni aprendo la via al capitalismo in Cina e in Russia in forme dispiegate. Ora quella potenza ch’era anche egemonica si e rotta (il ritiro dall’Afghanistan ne è l’esempio più preclaro), come dimostra il crescente confronto con Cina e Russia e la subalternità dell’Ue.

La prova di tutto ciò s’evidenzia dapprima in Europa, con una Nato che ha sostituito l’esercito europeo, ma che non rende ancora possibile – nonostante il grande dispiegamento di forze – quel prolungamento di potenza dissuasivo in grado di esercitare l’egemonia nell’Indo-Pacifico e nel plesso australe che lo schieramento dei moderni persiani richiederebbe.

Si apre una fase interamente nuova della storia mondiale: senza grandi generali.

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