SIMBOLI CRISTIANI DISTRUTTI NEL NAGORNO: LA GUERRA E L’ODIO PER GLI ARMENI
Migliaia di armeni in fuga dal Nagorno-Karabakh per via di una guerra che richiama con inquietudine gli orrori del passato, con il genocidio del popolo cristiano ad inizio Novecento per mano degli ottomani islamici: epoche e dinamiche internazionali completamente cambiati oggi, ma pur sempre con un “comune denominatore” legato al profondo odio contro la fede cristiana dei cittadini d’Armenia. La guerra tra Erevan e l’Azerbaigian – mentre si registra il fallimento dei primi tentativi di colloqui avvenuti oggi con l’Ue come mediatore – corre veloce e i primi effetti nefasti vengono alla luce dopo l’esodo della popolazione armena perseguitata.
Come ha raccontato oggi sull’Avvenire l’inviato in Armenia Nello Scavo, le autorità di frontiera hanno registrato alla data di ieri ben 21.107 veicoli provenienti dal Nagorno «attraverso il corridoio di Lachin, i cinque chilometri che separano l’Armenia dalla regione dove vive- va da quasi duemila anni la minoranza cristiana nel Caucaso meridionale, in territorio dell’Azerbaigian». Sono in tutto 120mila gli armeni fuggiti in direzione Erevan, scappati dal rischio di ripercussioni per l’ostracismo delle forze azere: ma non c’è solo la fuga purtroppo, accade molto di più. Ancora Scavo: «Le immagini che arrivano, con la plateale distruzione di simboli cristiani e il saccheggio delle abitazioni, cancellano ogni speranza per un ritorno». Non solo la perdita della casa e di tutta la propria vita, v’è anche l’inutile e sprezzante distruzione di simboli legati alla fede di uno dei popoli di più antica tradizione cristiana come quello armeno.
ANTONIA ARSLAN DENUNCIA IL “DOPPIO ODIO” CONTRO ARMENI E CRISTIANI
Un odio che va ben oltre lo scontro politico, economico e internazionale – con sullo sfondo la sfida tra Nato e Russia che si riaccende ancora nel Nagorno-Karabakh: lo ha ben spiegato sempre al quotidiano della CEI la scrittrice di origine armena Antonia Arslan, rimasta molto colpita dal blitz dell’Azerbaigian con cui si sono di nuovo impadroniti del Nagorno. «L’Azerbaigian è armato fino ai denti, e assistito “come un fratello di sangue” dall’alleata Turchia di Erdogan», quella stessa Turchia che nel primo Novecento causò il genocidio e la fuga del popolo armeno.
Secondo il giudizio lucido e ferreo di Arslan, l’odio anti-armeno si intreccia e potenzia con l’odio anti-cristiano: «il popolo martire che un secolo fa, durante il genocidio, ha perso tre quarti della sua realtà numerica assistendo in seguito alla cancellazione di ogni traccia della sua presenza in Anatolia». Anche in quel caso ci furono distruzione delle chiese e delle croci di pietra, e perfino il cambiamento dell’topomastica di città e paesi: l’incubo sembra ora rivivere con la scrittrice che lancia un appello all’intero Occidente per tenere desti i riflettori sull’Armenia, «dovrebbe suonare un campanello d’allarme non dico nei cuori, ma certo nelle teste dei governi occidentali il fatto che il presidente turco Erdogan non fa mistero della sua intenzione di congiungere via terra il territorio turco con quello azero tagliando in due l’Armenia, nel sogno imperiale di quell’espansione verso Oriente che era il progetto dei Giovani Turchi, cento e quindici anni fa».