“Non posso sapere cosa è successo, non do giudizi su cosa è vero e cosa no, cerco di misurare le condizioni in cui questo episodio possa essere accaduto. Noto che appena si è saputo polacchi e ucraini hanno puntato il dito contro i russi, che avrebbero fatto saltare i loro gasdotti, che avevano pagato loro. E tutti i media e gli opinionisti, anche in Italia, apparentati con la propaganda ucraina e della Nato avevano sostenuto pubblicamente, anche in tv, la tesi che i russi si bombardavano da soli le proprie cose, inclusi i gasdotti”.
L’attentato al gasdotto Nord Stream dello scorso settembre tiene ancora banco e Gianandrea Gaiani, direttore di AnalisiDifesa, di fronte alle nuove versioni dei fatti accreditate dalla stampa americana, ricorda subito quanto siano distanti dalla spiegazione fornita sei mesi fa. L’ultima versione, uscita sul New York Times, dà la responsabilità dell’operazione a un gruppo ucraino non governativo. Prima ancora, invece, era stato il premio Pulitzer Seymour Hersh ad attribuire l’attentato agli stessi americani. Non c’è l’evidenza che una delle tre versioni sia vera, ma ci sono elementi che possono aiutare a riflettere sulla loro credibilità.
Direttore, quali sono le perplessità sulla versione che attribuiva la responsabilità ai russi?
Si tratta di una versione non credibile, perché le guerre passano e le infrastrutture restano. Quei gasdotti a causa della guerra non venivano usati, il Nord Stream 2 non era stato neppure inaugurato, e quindi non fornivano energia russa alla Germania, ma domani, a guerra finita, senza più Zelensky in Ucraina, Putin a Mosca, Biden o Scholz a Washington e Berlino, potevano tornare a portare gas russo in Germania e in Europa. Per la Russia non aveva nessun senso distruggere le infrastrutture. Se voleva attuare un ricatto energetico, anche se in realtà siamo stati noi a dire che non volevamo più il loro gas, le lasciava chiuse.
Agli americani, invece, il Nord Stream non è mai andato a genio.
Gli americani hanno l’imbarazzo di dover dare qualche spiegazione ai loro alleati tedeschi, che a loro volta devono almeno far finta di cercare delle spiegazioni plausibili. Relativamente all’analisi di Seymour Hersh, che adesso uscirà con qualcos’altro e che va tenuto in massima considerazione perché, oltre ad aver vinto un Pulitzer, è noto per scoop importanti fatti sulla base di fonti importanti, c’erano già stati degli elementi fin dall’inizio a sostegno della sua tesi.
Quali sono gli altri elementi da tenere in considerazione?
Ad esempio le parole dell’ex ministro degli Esteri polacco Sikorski, più filoamericano di un americano, cha a caldo, dopo l’esplosione, aveva detto su un tweet, cancellato poco dopo, “Grazie Stati Uniti”. Resta il fatto che sia Biden sia Victoria Nuland avevano preannunciato, in dichiarazioni pubbliche, che in caso di attacco russo in Ucraina il Nord Stream avrebbe cessato di esistere. Sono una serie di informazioni che possono dare degli indizi. Che poi sul New York Times si parli di informazioni che giungono dall’intelligence, da fonti anonime che però definiscono queste notizie comunque non complete, che attribuiscono a un gruppo filoucraino non governativo, composto da ucraini e dissidenti russi, un’azione del genere, a me suscita qualche perplessità.
La vicenda, poi, viene raccontata da Hersh con molti più particolari.
Ripeto, non essendo stato là non voglio dire cosa è vero e cosa non lo è, però francamente credo che questa uscita sul New York Times abbia un valore politico: la fa un giornale strettamente legato all’amministrazione Biden e dà una giustificazione che ha un sapore politico, quella di dire ai tedeschi che non sono stati né gli americani, né i russi, né gli ucraini ma un gruppo “x” di subacquei che ha piazzato le bombe.
Perché la versione che punta il dito su un gruppo pro Ucraina lascia qualche dubbio?
Intanto perché non basta essere subacquei per andare a 60-70 metri e sapere dove piazzare cariche esplosive su dei gasdotti. Ci vuole attrezzatura, esplosivo di tipo militare, una capacità tecnica che non hai noleggiando un’imbarcazione sul posto. Secondo: la zona delle esplosioni è molto vicina alle coste di Paesi Nato come Danimarca, Germania e Polonia e anche di un Paese ancora non nella Nato ma che ci entrerà presto che è la Svezia, in un’area di mare che già allora era fortemente presidiata e controllata da aerei, navi, sistemi guidati senza equipaggio, perché lì vicino c’è l’enclave di Kaliningrad con la base della flotta russa nel Mar Baltico. Anche un canotto sarebbe stato rilevato.
Non potevano sfuggire ai controlli?
Pensare che un gruppo di cittadini privati motivati politicamente noleggi l’attrezzatura, affitti una barca e si presenti in una delle aree più delicate del mondo perché c’era la guerra pare difficile. Tra l’altro con attività di addestramento in corso in quell’area, c’era anche un gruppo navale americano passato di lì nei giorni precedenti. Un’operazione del genere se viene effettuata da una nave militare, ma ancor di più da una nave civile noleggiata, non sfugge. Non sarebbe difficile oggi ricostruire che navi erano presenti in quei giorni, soprattutto in acque ristrette come quelle. Un intervento così richiede comunque capacità militari, non può essere improvvisato da non esperti.
Cosa si sa di questo presunto intervento di un gruppo ucraino?
Le indiscrezioni del Nyt non danno uno straccio di dettaglio sull’organizzazione, a partire dal tipo di esplosivo impiegato. I russi chiedono da tempo un’inchiesta internazionale e finora hanno solo ricevuto risposte negative. Se veramente i polacchi, gli americani, gli inglesi non hanno responsabilità, sono i primi ad avere interesse ad accettare un’inchiesta internazionale, neutrale, che abbia accesso a tutti i dati, ad esempio a quelli sul traffico navale intercorso nella zona nei giorni o nelle settimane precedenti al fatto. Quell’esplosione è stato sì un attacco agli interessi russi ma soprattutto il più grande attacco alla Germania dal 1945 in poi, perché è un attacco strategico, ha impedito alla Germania di continuare a essere l’hub energetico del Nord Europa e ha distrutto le possibilità, anche dopo la guerra in Ucraina, che la Germania e l’Europa tornino ad approvvigionarsi di gas russo. È stato contro la Germania e l’Europa.
Tutti questi elementi dovrebbero indurre a una riflessione sull’atteggiamento degli americani nei confronti dell’Europa.
Penso che dovremmo avere l’atteggiamento che già avremmo dovuto imparare dal Datagate del 2013, quando scoprimmo che gli americani controllavano e spiavano i nostri leader in Europa. In questo mondo esistono alleanze ma non amici. Tutti spiano tutti, tutti danneggiano tutti per ragioni strategiche ed economiche: è evidente che questa guerra ha portato l’Europa in una situazione di crisi gravissima, legata all’incertezza degli approvvigionamenti energetici. Poco dopo il Maidan, nel febbraio 2014, Obama venne in Europa e disse: “L’Europa deve smettere di comprare il gas dai russi e deve comprarlo da noi”. Che ci sia un interesse strategico degli Stati Uniti a far sì che l’Europa non acquisisse più gas dalla Russia è un dato di fatto, più volte dichiarato, c’era addirittura un sottosegretario di Stato americano che si occupava del Nord Stream. Poi c’è l’esigenza oggi, per tenere salda l’alleanza filoucraina (e le rivelazioni del Nyt o delle sue fonti vanno in questa direzione) di dare una risposta ai tedeschi, anche se la Germania sembra piuttosto prona di fronte a questo argomento, non ho visto reazioni decise.
In effetti non si sono arrabbiati più di tanto.
No, ma ci sono esigenze anche del Governo tedesco di dare una giustificazione, perché è imbarazzante la mancata reazione a un attacco strategico come questo. Se poi si aggiunge che oggi aziende tedesche importanti stanno valutando di trasferirsi negli Usa perché l’energia là costa meno, due più due fa quattro, ognuno faccia le sue valutazioni. Non ero nelle acque del Baltico a vedere chi metteva mine, ma quali interessi abbia favorito quell’attentato è evidente. Poi se qualcuno dice “Preferisco guardare le cose in un’ottica propagandistica e di militanza” liberissimo di farlo, ma i dati oggettivi fanno emergere questa situazione.
La versione del New York Times è la più accomodante.
II Nyt ci dà una risposta che di fatto significa “pace e liberi tutti”: è stato un gruppo criminale, non c’entra il governo di Kiev, non c’entrano gli americani, non c’entra nessuno, non c’entrano neanche i russi. Infatti Podoljak, consigliere di Zelensky tra i più attivi nell’alzare i toni, ha subito detto: “Noi non c’entriamo niente con quell’attacco”. E poi perché un gruppo di insorti filoucraini non legati al governo deve fare un’operazione così eclatante e difficile quando avrebbe potuto far esplodere sulla terra ferma i gasdotti che attraversano l’Ucraina e che portano gas russo in Europa?
(Paolo Rossetti)
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