La controffensiva non procede. Ha permesso di guadagnare pochi chilometri quadrati al costo di migliaia di vite umane. Ormai l’Ucraina potrebbe riuscire a vincere la guerra solo se la Nato dovesse scendere in campo direttamente. Ma perché questo succeda occorre un fatto eclatante, un motivo di fronte al quale anche i Paesi occidentali più riluttanti non possano fare altro che dichiarare la necessità di un intervento. Potrebbe essere un incidente nucleare alla centrale di Zaporizhia, ma anche un allargamento del fronte del conflitto al confine tra Polonia e Bielorussia.
Due scenari che al momento non sembrano all’orizzonte, anche se il secondo ha qualche possibilità in più di verificarsi. Non per niente, spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa, si parla dei contractor della Wagner, ora alla corte di Lukashenko, intenzionati addirittura a marciare su Varsavia, mentre dall’altra parte i polacchi, insieme ai Paesi Baltici, stanno addestrando militarmente l’opposizione bielorussa per prepararla a un’eventuale sommossa proprio contro il regime di Minsk.
Dopo il fallito golpe la Wagner è riparata in Bielorussia: davvero, come dice Lukashenko, i contractor della compagnia militare privata vogliono “fare un’escursione” in Occidente e andare a combattere in Polonia?
Sono voci che circolano per due ragioni. La prima è che la Wagner si è trasferita in Bielorussia. Non è stata cancellata da Putin. Anzi, dei soldati di Prigozhin ha detto che sono dei patrioti, perché hanno combattuto con la Russia vincendo battaglie non indifferenti come quelle di Bakhmut e Soledar. La Wagner torna nell’ombra: ci è stata per anni, prima i russi ufficialmente non ne parlavano. Non lavorerà più in Russia perché si è rivelata indisciplinata, ma in Bielorussia, in Africa, per curare gli interessi di Mosca. In Bielorussia ci sono 7-8mila uomini della Wagner, qualcuno dice che arriveranno a 10mila. Fanno addestramento alle forze territoriali e all’esercito bielorusso. Intanto ucraini, Paesi baltici e polacchi da più di un anno addestrano l’opposizione a Lukashenko in esilio per scatenare un’insurrezione contro di lui. Non a caso ci sono battaglioni di volontari bielorussi che hanno combattuto anche a Bakhmut con l’esercito ucraino per fare esperienza.
L’obiettivo di polacchi e Paesi baltici sarebbe quello di rovesciare l’unico Paese in Europa rimasto alleato anche militarmente alla Russia?
Non a caso i russi stanno schierando in Bielorussia le loro armi nucleari tattiche che hanno la stessa funzione delle armi nucleari tattiche americane presenti da sempre in Germania, in Belgio, in Italia, cioè di blindare un alleato: se ci sono le armi atomiche non può essere toccato. C’è una battaglia nell’ombra in cui gli occidentali e gli ucraini cercano di sobillare una rivolta in Bielorussia che isoli ulteriormente Mosca e le apra un nuovo fronte, mentre la Russia cerca di blindare la Bielorussia come suo alleato. Dai suoi confini si potrebbe raggiungere Kiev in un’ora di macchina. La Wagner non ha la forza militare per poter costituire una minaccia. Però i polacchi hanno tutto l’interesse a fare allarmismo nei confronti della Wagner stessa, come i Paesi baltici e gli ucraini stanno facendo di tutto per coinvolgere la Nato in questa guerra.
Il progetto di rovesciare Lukashenko è solo di Paesi baltici e polacchi o è condiviso da altri in Occidente?
Paesi Baltici, polacchi e ucraini sono molto attivi nell’addestramento degli oppositori di Lukashenko, poi se quest’ultimo dovesse cadere e la Bielorussia dovesse chiedere di entrare nella Nato e nella Ue nessuno si metterebbe a piangere.
È un’idea nata nei Paesi confinanti?
Sono ai ferri corti con la Bielorussia da tempo, basta pensare ai flussi di immigrati irregolari che i bielorussi fanno arrivare dall’Oriente e “scaricano” nelle Repubbliche baltiche e in Polonia. Ci sono da tanto tempo motivi di frizione e di tensione, la guerra li ha accentuati.
E’ un pericolo reale che si possa aprire un fronte in questa area?
Non c’è l’interesse bielorusso ad attaccare l’Ucraina da lì, tanto meno un Paese Nato. Non escludo, invece, che ucraini, polacchi e Paesi baltici possano cercare di fare qualche provocazione per coinvolgere la Bielorussia nel conflitto con l’obiettivo di allargarlo, imponendo la guerra a quei Paesi Nato che, come si è visto nel vertice di Vilnius, sono sempre più riluttanti a farsi coinvolgere. Sanno che per vincere c’è bisogno di questo coinvolgimento.
Intanto si torna a parlare della possibilità di un incidente nella centrale di Zaporizhia, sempre al centro di sospetti reciproci tra russi e ucraini, che si accusano a vicenda di volerla colpire. Quanto è reale questo rischio?
La centrale è da moltissimo tempo in mano ai russi. Dire che se la bombardano è come dire che si sono fatti esplodere il gasdotto nel Baltico, che si sono fatti saltare il ponte per la Crimea, fa parte della propaganda. È anche vero che la centrale ha subito attentati alla sua sicurezza: la distruzione della diga di Kakhovka potrebbe aver ridotto il flusso di acqua per raffreddare. Ci sono tante ragioni per spegnere i reattori o perché ci siano problemi di alimentazione elettrica. Sulla situazione della centrale possiamo avere un quadro chiaro senza ascoltare le bugie che ci hanno raccontato gli ucraini o la propaganda dei russi. Per fortuna, infatti, ci sono i tecnici dell’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, l’Aiea, osservatori neutrali e autorevoli. Rafael Grossi, che guida l’Agenzia, ha detto più volte che non ci sono problemi di sicurezza in questo momento per la centrale. E per questo è stato attaccato anche dal governo ucraino.
Qual è, invece l’obiettivo di Kiev?
Gli ucraini contano sul fatto che un incidente nucleare possa indurre la Nato a intervenire direttamente. Parliamoci chiaro: se non intervengono le forze dell’Alleanza atlantica l’apparato militare dell’Ucraina si indebolirà progressivamente. Non vedo grandi orizzonti per Kiev, a meno che le cose non cambino rapidamente. I russi hanno tutto l’interesse a tenere la centrale nucleare intatta per poterla utilizzare nel dopoguerra. Un incidente con fuoriuscita di radiazioni non solo sarebbe a scapito delle truppe di Mosca accampate lì intorno, ma il confine russo in linea d’aria è a circa 200 chilometri. La contaminazione colpirebbe soprattutto la Russia, non solo l’Ucraina.
I droni ucraini, intanto, sono tornati a colpire in territorio russo, a cosa mirano queste incursioni?
Sono provocazioni. Hanno l’obiettivo di alzare l’escalation, di far arrabbiare i russi e indurli a rappresaglie. Il motivo è sempre quello: per gli ucraini avvicinano la possibilità che i Paesi della Nato si facciano coinvolgere direttamente o forniscano armi a maggior raggio di azione. Lo stesso è successo per l’attacco al ponte in Crimea.
Sul campo di battaglia la controffensiva come va?
Gli ucraini in un mese e mezzo forse hanno avuto 50mila morti e feriti, guadagnando più o meno territori pari alla superficie dell’Isola d’Elba. Nel frattempo i russi hanno guadagnato almeno altrettanto territorio nelle offensive ai confini tra Donetsk, Lugansk, Kharkiv. Lì stanno avanzando. Gli ucraini stanno mandando rinforzi per tappare la falla, potrebbero essere costretti a rallentare la controffensiva. In quella zona si dice che i russi abbiano messo in riserva 100mila uomini con mille carri armati e mille pezzi di artiglieria. Potrebbero essere i russi a riprendere l’iniziativa militare.
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