In questi giorni leggiamo un flusso di notizie sconcertanti:

– “La vittoria della Russia nel conflitto in Ucraina sarà una sconfitta per la Nato, questo non può essere permesso”, parole del segretario generale della Nato, e il G7 gli fa eco intimando il “perentorio ritiro delle forze russe dall’intero territorio dell’Ucraina come riconosciuto internazionalmente”; il presidente Biden crede che “Non abbiamo mai affrontato la prospettiva dell’Armageddon dai tempi di Kennedy e della crisi dei missili cubani” omettendo o dimenticandosi che “le operazioni clandestine americane all’interno dell’Ucraina sono ora molto più estese di quanto non fossero all’inizio della guerra, quando i funzionari dell’intelligence statunitense temevano che la Russia avrebbe scavalcato l’esercito ucraino; oggi c’è una presenza molto più ampia di personale e risorse delle operazioni speciali della Cia e degli Stati Uniti in Ucraina di quanto non ci fossero al momento dell’invasione russa a febbraio”;



– “Non ci sono mai stati dati scientifici che dimostrino che il trattamento con mRna limiterebbe la trasmissione del virus”, parole pronunciate nell’audizione Covid del Parlamento Ue da Janine Small, presidente di Pfizer International Developing Markets, presentatasi al posto del presidente Bourla che ha preferito sfuggire alle domande probabilmente perché a breve incontrerà in bilaterale Stella Kyriakides, Commissario Ue per la salute e la sicurezza alimentare, che gli renderà visita per concordare una linea difensiva comune sulle opacità del meccanismo di acquisto dei vaccini voluto dalla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che è stata pesantemente criticata da Politico;



– Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo, padrone di Tesla e Ceo di SpaceX, forse futuro nuovo patron di Twitter, oltre che della costellazione di satelliti Starlink posizionati per conto del Pentagono sull’Ucraina per fornire alle forze di Zelensky le necessarie immagini satellitari di intelligence, ha parlato ma anche no direttamente con Putin (chissà?) mentre ha pubblicamente indicato i punti per un accordo di pace sia con la Russia in Ucraina (“Una pace scomoda è meglio che continuare questa orribile guerra, anche se ciò significa consentire alla Russia di mantenere le terre ucraine che attualmente occupa e forse ha qualche diritto per farlo”) sia con la Cina per il Pacifico/Taiwan (“Come Hong Kong anche Taiwan è una provincia amministrativa della Cina”), fondamentalmente ribaltando quanto sostenuto dagli apparati americani e dallo stesso presidente Biden, dall’Ue/Nato e da tutti i media mainstream;



– il famoso professore di economia (Harvard, Columbia) Jeffrey Sachs del wonder team di Bill Clinton, noto per aver partecipato e poi criticato l’attuazione delle politiche neoliberiste di privatizzazione in Russia 1991-93, è diventato il ventriloquo della lobby americana globalista-realista contraria agli interventi militari Usa/Nato e accusa apertamente “la cricca Dem di Biden di essere infestata da neocons, patetici ex trozkisti divenuti pericolosi guerrafondai perdenti, mentre il presidente non è in grado di controllare il potente complesso militare-industriale (Mic) unico beneficiario delle guerre per la libertà e per la difesa della liberaldemocrazia” e accusa il potente Anthony Fauci, capo dei consiglieri medici della Casa Bianca (dimissionario a dicembre 2022), di “collusione con le case farmaceutiche (Bio-Tech cartel) sull’origine del virus e sull’occultamento delle informazioni, oltre che di aver influenzato le decisioni della Commissione europea”;

Politico e il tedesco Welt hanno pubblicato una dettagliata inchiesta, “How Bill Gates and partners used their clout to control the global Covid response — with little oversight” (Come Bill Gates e i suoi partner hanno usato la loro influenza per controllare la risposta globale al Covid, con poca supervisione) che anticipava le critiche di Sachs anche nei confronti della Commissione europea dimostrando (in modo documentato) come molte delle decisioni che a Bruxelles chiamano di policy (politiche pubbliche) erano decise da un gruppetto di miliardari filantropi, gli amici di Davos e della von der Leyen.

Tutto questo avviene mentre nel dibattito pubblico italiano ci dilettiamo a indovinare il totoministri, a discutere di marce (su Roma o per la pace), a chi farà (e come) l’opposizione, ad osannare Draghi per il suo Pnrr (che purtroppo non è il nuovo partito nazionale di rinascita e rilancio), ad elemosinare improbabili tetti europei al prezzo energetico dimenticandoci delle questioni strategiche e logistiche per l’approvvigionamento nazionale (ad esempio la Libia e il gasdotto EastMed sono ormai affare turco), abbiamo passato l’estate a discettare sul ritorno del fascismo, a prendercela con i “crucchi” tedeschi perché tutelano i propri interessi nazionali (100 miliardi per il riarmo e 200 miliardi per sostenere imprese e famiglie) senza aspettarsi nulla dalla solidarietà europea, e soprattutto siamo occupati a inneggiare compatti gli inni europeisti e atlantisti al grido “armi, armi, armi” per aiutare l’Ucraina (posizione inequivocabile di Anna Fotyga, Coordinatore affari esteri del Ecr al Parlamento europeo). Aspettiamo fiduciosi che Meloni (dal 2020 presidente del Ecr,  Euro-conservative group) e il suo futuro governo italiano, dichiaratamente politico nonostante gli inevitabili ministri tecnici, riesca a dare credibilità e speranza al Paese con un coraggioso piano nazionale di rinascita e rilancio. Vista la drammatica situazione internazionale e nazionale non è il momento di fare opposizione ma di contribuire solidarmente al bene comune (pur negli stretti limiti del possibile). Su queste pagine il monito agli italiani è stato lanciato: “l’Europa è morta in una domenica di ottobre (…) non fatevi abbindolare”!

Siamo narcotizzati dalle narrative, cioè da storie prefabbricate e preconfezionate che vengono imposte incessantemente alle nostre menti, che con la realtà hanno poco o nulla a che fare. “La realtà sul terreno è un segreto”, ha detto sibillinamente Musk a proposito di una specifica domanda sul jamming russo per evitare l’uso dei suoi Starlink sopra la Crimea. Qualche anno prima aveva annunciato che “l’umanità rischia l’estinzione se non accetta di vivere in una simulazione permanente”, una realtà percepita in una permanente ludicizzazione dell’essente e dell’esistente. La sovrapposizione (e guerra) di narrative è quella che Musk chiama “simulazione permanente” che ha il vantaggio di spostare dal reale al virtuale le sensazioni e gli effetti della guerra in atto. Allo scontro reale, conclude Musk, è preferibile la simulazione.

Una volta le narrative (esistenziali) le costruivano e propagavano i pochi autoproclamati detentori della “verità” esoterica (i re, il clero, i maghi), mentre oggi si sono aggiunti potenti attori privati (corporazioni bio-tecno-finanziarie), i computer e tutti gli altri oggetti collegati alla rete che generano nuovi dati sintetici costitutivi della “nuova” realtà, gli individui che utilizzando i potenti strumenti digitali producono e ri-producono narrative presuntamente esoteriche. Insomma, viviamo avvolti nelle narrative rischiando di diventare noi stessi una simulazione.

Mettere “ordine”, o creare un nuovo ordine, nel mondo delle narrative è cosa quasi impossibile. Si confrontano le narrative del vecchio ordine socioeconomico – liberaldemocrazia, stato di diritto, giustizia – con quelle del nascente (ormai sempre più presente) mondo infosferico nel quale vince la simulazione che s’impone anche con la forza, grazie alla crescente e diffusa inconsapevolezza (ignoranza, disorientamento) e frammentazione (caduta nel privato, mutua diffidenza). Al sistema delle regole e delle procedure si contrappone quello dei valori. Come scriveva Carl Schmitt nella sua Tirannia dei valori: “Chi dice valore vuole far valere e imporre. I valori vengono posti e imposti. Chi ne sostiene la validità deve farli valere. Chi dice che valgono senza che vi sia nessuno che li fa valere è un impostore”. Per queste ragioni il pericolo che scoppi una guerra mondiale per porre/imporre i valori è piuttosto alto.
La storia ci ricorda che il vecchio sistema socioeconomico liberal-capitalistico – nonostante i concerti, le alleanze e i trattati palesi e segreti – era entrato in confusione e contraddizione interna all’inizio del Novecento, portando ad una crisi distruttiva che fu seguita da una tregua 1945-80 per poi riprendere sulle stesse basi socioeconomiche (peggiorate dal neoliberalismo) il suo cammino distruttivo.

L’apice è venuto, come sappiamo, dopo il 2001 e il 2008. Oggi siamo in una situazione che ricorda per molti versi il 1914: l’inizio, perfettamente inconsapevole, di una lunga e distruttiva crisi. Temo che non ci sarà un’uscita a breve, come avvenne nel ’18 sebbene in una condizione di impoverimento generalizzato e in una società più violenta. Con qualche anno di crisi energetica, alimentare ed industriale l’Europa sarà ridotta a fornitore di manodopera specializzata a basso costo per le industrie americane. Questo è lo scenario migliore (volendo escludere la prospettiva dell’Armageddon).

Le possibilità di frenare il treno in corsa sono minime. Quello che si può fare è prepararsi per essere all’altezza degli eventi, per guidare i pezzi in caduta libera in modo che si dispongano come fondamenta per un edificio futuro. A tal fine, ricordiamo quel che nel ’19 Antonio Gramsci scriveva nel suo Ordine Nuovo: pensare di gestire la società dopo un tale tracollo richiede “studio” (formazione) e “organizzazione”. Non facciamoci abbindolare!

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