Putin continua a dirigere le operazioni militari dirette ad annichilire la resistenza ucraina nei confronti delle continue ondate di truppe e di bombe russe contro gli obiettivi – civili prima che militari – e dirette a sfiancare lo Stato ucraino così com’è ridotto da mesi e mesi di guerra.
La sorte di questa “guerra tra le nazioni” da manuale aroniano (ossia di Raymond Aron) continua con esiti che pare si avviino a conclusione, anche se tutto è legato al filo fragile e incerto del ruolo che in questa partita giocano le elezioni Usa. È una sciocchezza pensare che tra Biden e Trump potrebbe esserci una differenza nel gioco di potenza tra Russia, Usa e Nato. Non a caso chi dichiarò la morte celebrale della Nato non fu né Trump, né Biden, ma l’incredibile Macron, spenzolante sul trapezio sgangherato delle prossime elezioni presidenziali.
Il problema non risiede nelle incertezze elettorali americane, quanto piuttosto nelle divisioni strutturali nell’Ue che non a caso Putin si adopera a evidenziare lisciando il pelo del gatto italico con dichiarazioni concilianti che ci ricordano i fasti andreottiani e berlusconiani, mentre Orbán si tiene strette le rivendicazioni post Trianon per lavorare con i serbi a una situazione balcanica post-bellica che consente pur sempre alla Russia di non scatenare la guerra atomica perché amplia il suo perimetro di sicurezza rispetto all’Ue e alla Nato. Perché è questa l’angosciosa certezza russa: che si voglia terminare l’opera iniziata al tempo del prezzolato Eltsin. Solo se si convinceranno i russi che quel tempo è finito si potrà sconfiggerli e trattare.
Sì, il pericolo di guerra atomica a bassa intensità è reale! E non si tratta di propaganda. In diverse occasioni su questo spazio di libertà giornalistica ho ricordato i fondamenti della dottrina diplomatico-militare russa di origine ottocentesca, zarista e continuamente rinnovata dai grandi intellettuali russi. Nazionalisti certamente, e che i democratici debbono combattere con la deterrenza e la ragione diplomatica, ma non con le isterie anti-russe a cui assistiamo ogni giorno e che rispecchiano i servilismi pro putiniani imbelli.
Il vero pericolo oggi, inoltre, è l’antisemitismo genocidiario di Hamas che infiamma le piazze occidentali in uno stolido pacifismo ottuso e che disconosce che invece il vero pericolo risiede nella lotta di potenza nel Grande Medio Oriente, dove le monarchie del Golfo lavorano bellicamente a tutto campo per indebolire, con gli Usa, lo Stato democratico di Israele nonostante Patti di Abramo e legami stragisti innescati durante la guerra siriana (anche con Putin e non solo con Erdogan, naturalmente).
Per questo continuare a negoziare per far terminare le operazioni belliche sul confine russo-ucraino è indispensabile se non si vuole veder precipitare la contesa. La pace come conseguenza di una nuova situazione coreana è l’unica possibile. Senza vincitori, né vinti. Vince la pace.
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