Sul campo la battaglia è più infuocata che mai: si parla ancora di combattimenti da Zaporizhziya fino a Kharkiv e di una strenua difesa degli ucraini a Bakhmut. A livello diplomatico tiene banco la visita di Zelensky a Bruxelles ma soprattutto le promesse, tutte da verificare, di invio di jet da parte della Gran Bretagna e della stessa Unione Europea. Sotto traccia, però, si fanno avanti altri piani per una soluzione pacifica del conflitto, o almeno per una sospensione.
Un’ipotesi che sta facendo capolino, dopo che sulla stampa americana si era parlato di un accordo per cedere il 20% del territorio ai russi e definire nuovi equilibri dell’area, è quella di una tregua e della individuazione di una fascia non militarizzata di 100 chilometri sullo stile di quella che divide le due Coree. Insomma, da una parte si combatte ferocemente, ma dall’altra sembra procedere anche una diplomazia sommersa che almeno sta cercando di scandagliare possibili soluzioni di pace. Lo spiega il generale Giuseppe Morabito, diverse missioni all’estero al suo attivo, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation.
Negli ultimi giorni è stata rilanciata l’idea di una fascia smilitarizzata tra Russia e Ucraina come proposta da legare a un invito alla tregua tra le parti. Una soluzione fattibile?
Tutto è fattibile se le due parti concordano. Può essere un base di partenza, tutti e due i belligeranti devono perdere qualcosa. In questo caso perderebbe di più l’Ucraina, perché, a differenza della Russia, rinuncerebbe una parte del suo territorio. Le zone smilitarizzate sono perse: si può anche lasciare la gente ad abitarci, ad esempio a coltivarci il grano, ma poi occorre decidere a chi va.
Ma è un’ipotesi che regge o è una soluzione che vale solo sulla carta, non sufficientemente solida?
È un’ipotesi che regge perché siamo a un anno di guerra ed entrambi i Paesi hanno subìto molte perdite combattendo sul campo e devono giustificare la situazione a cui sono arrivati. Sono previsti in teoria aiuti militari importanti all’Ucraina, ma continuare la guerra vorrebbe dire ulteriori perdite. Non c’è neanche la certezza che gli aiuti che arriveranno nel tempo saranno risolutivi.
Recentemente è uscita la proposta di cedere un quinto del territorio ucraino ai russi e di fare la pace su queste basi. Ora esce quest’altra ipotesi che comporterebbe almeno una tregua: vuol dire che a livello diplomatico qualcosa si sta muovendo?
La diplomazia non si è mai fermata, così come i contatti tra i due Paesi. Ci sono gli scambi di prigionieri e questo vuol dire che si parlano. La diplomazia non palese è sempre andata avanti. Zelensky ha parlato con il presidente francese, con il presidente inglese, poi a Bruxelles parla con i presidenti della Ue: queste sono missioni politiche e diplomatiche. Anche Lavrov a suo tempo aveva detto, già a luglio, che accettava una divisione territoriale che consentisse la sicurezza della Russia. I russi dicono che vogliono una buffer zone, una zona cuscinetto. Quindi una fascia non militarizzata sul modello della Corea andrebbe bene per loro. Poi bisogna vedere se accetta Zelensky: se vuole rimanere al potere deve trovare una soluzione che gli permetta di mantenere il consenso popolare, altrimenti perde le elezioni.
Intanto si continua a combattere, tanto che secondo alcune fonti sarebbe iniziata un’offensiva da parte dei russi per conquistare tutto il Luhansk. Come sono messe le forze in campo su questo fronte?
I russi non hanno ancora scatenato l’offensiva perché fa troppo freddo, ma si stanno organizzando per farlo prima che cominci a sciogliersi la neve, perché poi sarà difficile per i mezzi corazzati muoversi sul terreno. Devono farlo anche prima che arrivino gli aiuti dell’Occidente perché potrebbero cambiare gli equilibri. Verso marzo-aprile sarà più difficile muoversi sul terreno. Quindi devono agire prima che non sia più praticabile. Adesso invece è il momento in cui i russi potrebbero prendere vantaggio. Non sono ancora state fatte, comunque, azioni decisive.
Ma un’azione in grande stile potrebbe arrivare a breve?
Non escluderei che possa arrivare a breve.
Zelensky intanto parla con la Gran Bretagna e l’Ue e questa volta la richiesta di armi riguarda i jet: spostare la guerra anche nei cieli cosa può significare?
Possono anche chiedere i jet ma il problema è un altro. Bisogna trovare piloti ucraini che siano capaci di fare il passaggio macchina da un jet di generazione sovietica o comunque del tipo che sono in grado di usare ora, a un jet europeo. Perché un pilota sia combat ready ci vuole tempo. Se non si fa un addestramento preciso il pilota che va in combattimento viene abbattuto.
Ma allora perché si insiste tanto sui caccia?
Sono mosse strategiche di deterrenza. Gli ucraini non sono stupidi, sanno che ci vuole del tempo, nel frattempo potrebbe succedere qualcosa.
Il giornalista americano premio Pulitzer Seymour Hersh ha scritto che il Nord Stream in realtà è stato sabotato dagli americani. Può essere successo veramente?
Gli americani possono farlo, è una cosa credibile, ma che l’abbiano fatto è tutto da dimostrare. Potenzialmente sono in grado di farlo, da qui a dire che lo hanno fatto ci passa il mondo.
(Paolo Rossetti)
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