Le armi al fronte continuano a tuonare. Ma sembrano anche essere l’unico argomento di cui parlano cancellerie e governi quando affrontano il tema della guerra in Ucraina. Il punto resta quali e quanti sono gli armamenti da inviare a Kiev per contrastare i russi.
“La prospettiva – dice Gian Micalessin, inviato speciale de Il Giornale – non è sicuramente quella di un negoziato”. Anzi, anche i russi cercano di stringere accordi militari. Stavolta con i sauditi.
Nel conflitto ucraino sembra che l’unica diplomazia che si sta muovendo sia quella rivolta alla guerra, che mira a stringere accordi per forniture di armi. È così?
Siamo sicuramente di fronte a un’escalation, a un inasprimento sull’invio delle armi e relativamente alla situazione sul terreno. Un’escalation russa, che ha ormai completato l’invio dei 300mila mobilitati in ottobre, e dall’altra parte un’Ucraina che prepara le mosse per una possibile controffensiva.
Sul terreno in questo momento com’è la situazione? Siamo in uno stallo che tutt’e due i contendenti vogliono rompere assicurandosi più uomini e più armi?
In questo momento i russi non sono tanto in stallo, stanno dispiegando truppe un po’ ovunque su tutti i fronti del Donbass in previsione di una prossima offensiva, prima che arrivino le nuove armi agli ucraini, prima soprattutto che questi ultimi riescano ad avere il tempo di metterle sul terreno e ad addestrare i propri uomini a usare i tank e le batterie contraeree. È una corsa contro il tempo e in questo i russi sono in vantaggio. Alla mobilitazione e all’invio dei 300mila corrisponde un logoramento delle truppe ucraine, che hanno perso molti uomini. Continuano a perderne tanti anche solo nella zona di Bakhmut, dove ne perdono cento al giorno. Non a caso gli americani hanno invitato gli ucraini a rinunciare a Bakhmut, che non è così cruciale.
Cosa possono fare gli ucraini per cercare di piegare dalla loro parte l’inerzia della guerra?
Gli americani hanno pensato a una strategia che è quella di colpire in Crimea, soprattutto il corridoio che dalla Crimea porta verso Melitopol e Mariupol, tagliando il quale si taglierebbe in due il contingente russo, isolando le truppe che si trovano nella zona sudoccidentale dell’Ucraina. Ci sono due tipologie offensive diverse, una immediata da parte russa per avanzare verso il Donetsk e recuperare il 40% del territorio, una successiva ucraina per tagliare il corridoio che divide la Crimea all’Ucraina, quindi dividendo in due il contingente russo, isolandolo.
Si parla della possibilità che il Pentagono alla fine consenta forniture di F16 agli ucraini. All’inizio della guerra si rifiutava questa soluzione perché non poteva essere vista solo in ottica difensiva. Potevano essere usati anche per attaccare, e questo cambiava molto per gli occidentali.
C’è un doppio problema da questo punto di vista. C’è da chiedersi chi li piloterebbe: il problema è il tempo di addestramento di un pilota di F16. Ci sono almeno una trentina di piloti ucraini rodati che hanno molte ore di combattimento alle spalle sui Mig e che potrebbero facilmente essere riaddestrati, però si parla sempre di almeno sei mesi. Certo è che c’è questa grande paura della Nato e del Pentagono che le difese ucraine non tengano, che il logoramento in termini di uomini sia così massiccio da non permettere, senza nuove armi e una nuova tipologia di combattimenti, di resistere a questi combattimenti, molto pesanti in termini di perdite di vite umane. Uno scontro che penalizza inevitabilmente gli ucraini, che sono combattivi ma hanno un numero di truppe limitato rispetto ai russi.
I tedeschi intanto starebbero pensando addirittura di fornire un sommergibile agli ucraini per aiutarli a contrastare i russi nel Mar Nero.
La possibilità di ricorrere al sommergibile la vedo un po’ nel lungo periodo. Diciamo che rientra in questa escalation della fornitura di armi, dove si pensa che l’unico modo per l’Ucraina di farcela, come chiede Zelensky, sia quella di fornirle più armi, perché con i soldati solamente non ce la fanno.
Invece come si può valutare la notizia degli accordi di cooperazione militare che sarebbero in vista tra russi e sauditi? Si allarga il fronte dei sostenitori della Russia?
I rapporti dei russi con l’Arabia Saudita sono molto buoni, anche perché parallelamente sono molto cattivi i rapporti tra il principe ereditario Salman e la Casa Bianca, con Biden in particolare. La vicinanza tra Arabia Saudita e Russia non è nuova. Non dimentichiamoci che non più tardi dello scorso autunno i sauditi si sono rifiutati di alzare la produzione del greggio che era stata chiesta dagli americani. D’altra parte tutti quanti cercano di avvantaggiarsi. È un po’ il gioco, ad esempio, che ha sempre fatto Erdogan.
Da quello che si vede, comunque, la prospettiva è quella di uno scontro militare sempre più acceso.
La Nato e l’Europa si sono ben guardati dal fare proposte negoziali. E la Russia non può permettersi di arrivare a un negoziato se non ha raggiunto un successo sul campo, successo minimo che è quello della conquista del Donetsk. Finché Putin non riesce a conquistare quel 40% di territorio che gli manca non può rivendicare una vittoria e quindi difficilmente può mettersi al tavolo delle trattative.
(Paolo Rossetti)
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