Prosegue la rivolta nei campus Usa: oltre duemila arresti per le proteste nelle università, come alla Columbia, mentre cresce in Europa la paura di un “contagio”. Anche perché a un documento di gruppi pro-Hamas è emerso un piano segreto per portare la guerra nei campus Usa. A svelare il retroscena è il Giornale: dal primo maggio circola nelle università americane che stanno protestando un manuale scritto dalla Palestine action Us, alla cui penultima pagina è riportato un grido di battaglia, «porta la guerra in casa», perché l’obiettivo è quello di rinvigorire la lotta, rendendola anche violenta. Questo gruppo, che fa parte di un cartello internazionale, è ritenuta filo Hamas e infiltrata nelle università americane. Il libretto di otto pagine punta a sobillare gli studenti: ad esempio, il titolo è “escalate“, in copertina c’è un giovane con la kefiah che distrugge un vetro dell’ingresso di un campus Usa e nelle due foto finali ci sono le immagini dei poliziotti in tenuta antisommossa ad Atalanta e i soldati di Israele, che appaiono uguali.
Significativa è pure l’introduzione, dove si annuncia che «il genocidio di Gaza» è in corso e si mette in guardia dall’imminente invasione di Rafah, quindi si chiede di riformulare la propria strategia. «L’escalation è più realizzabile che mai». In base al manuale, ora bisogna intensificare le occupazioni negli atenei, arrivando anche a spiegare come fare: ci sono, infatti, cinque punti in cui si parla senza giri di parole di azioni violente e di «resistenza» alla repressione. A tal proposito, si consigliano strategie per rispondere alla polizia, come le «barricate», si suggerisce di «spezzare i cancelli» dei campus Usa, si chiede di scendere in prima linea e soprattutto si chiarisce che c’è la consapevolezza di non essere «così ingenui da pensare che la rivoluzione avverrà con mezzi pacifici».
“IRAN USA STUDENTI PER DESTABILIZZARE LE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI”
Riguardo i timori delle università europee di un allargamento delle proteste, la conferma arriva dall’antropologa Florence Bergeaud-Blackler, che al Figaro spiega che gli atenei del Vecchio Continente «sono i primi bersagli dell’insinuarsi della Fratellanza musulmana attraverso l’islamizzazione del sapere». C’è la convinzione che l’Iran stia strumentalizzando le proteste: infatti, il reporter franco-iraniano Emmanuel Razavi ritiene che stia usando «piccoli gruppi politicizzati di estrema sinistra filopalestinese all’interno delle università e nelle manifestazioni per destabilizzare le democrazie europee».
Il giornalista, come riportato dal Foglio, spiega che tramite le sue ambasciate, il regime iraniano è in grado di penetrare gli ambienti associativi e culturali, infatti ha costruito nel tempo legami col mondo accademico, stringendo rapporti soprattutto con gli ambienti di estrema sinistra. «La mia indagine mi ha permesso di stabilire che la Repubblica islamica dell’Iran ha interferito nelle manifestazioni filopalestinesi dopo la tragedia subita da Israele il 7 ottobre». Chiaramente ciò non implica un coinvolgimento nell’organizzazione, ma per Razavi è evidente che che la strategia dell’Iran «è indebolire le nostre democrazie sparando a tutti i cilindri e manipolando persone ingenue o ideologizzate in certi ambienti accademici o in certi piccoli gruppi politici di estrema sinistra».
“UNIVERSITÀ USATE PER DIFFONDERE INDOTTRINAMENTO”
Dopo gli Stati Uniti, l’obiettivo è l’Europa. Infatti, i servizi dell’Iran, secondo la ricostruzione di Razavi, si sarebbero avvicinati alle reti pro Hamas del Vecchio Continente, in particolare la Fratellanza musulmana. Di fatto, la causa palestinese viene «sfruttata», usata come un cavallo di Troia. La conferma arriva anche dalle parole di Mosab Hassan Yousef, figlio del leader di Hamas che vive sotto protezione in Usa dopo aver abiurato ed essersi convertito al cristianesimo: «Questa è la strategia dei Fratelli musulmani. Puntare alle università è stata una delle loro strategie più efficaci. Si infiltrano nei campus per una causa rabbiosa e diffondono il loro indottrinamento».
Non bisogna poi dimenticare che la rivoluzione iraniana è partita dalle università nel 1979, quando «l’estrema sinistra si alleava con gli islamisti». Infatti, il report cita Jean-Paul Sartre, che era membro di un comitato che sosteneva Khomeini, e Michel Foucault, che lo riteneva addirittura un “santo”. Nonostante i crimini di cui si è macchiata la prima Guida suprema della Repubblica islamica, gli intellettuali di sinistra hanno appoggiato la rivoluzione islamica in Iran. Sartre e Foucalt, peraltro, «non si sono lasciati commuovere dai crimini contro l’umanità commessi dai delinquenti della Repubblica islamica», ma anzi hanno legittimato, secondo Razavi la rivoluzione islamica del 1979.