Dopo la tregua imposta martedì mattina da Mosca, le forze armene e azere hanno ripreso i bombardamenti, colpendosi a vicenda. Si tratta degli scontri più sanguinosi nell’ambito del conflitto perenne che interessa i due Paesi e che ha come causa principale, ma non è la sola, l’enclave del Nagorno-Karabakh all’interno all’Azerbaijan, a maggioranza armena, che le due nazioni si contendono. Entrambi i Paesi hanno dichiarato una cinquantina di soldati morti, mentre l’Armenia ha invocato l’articolo 4 della carta dell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) e chiesto l’intervento per “ripristinare l’integrità territoriale” del Paese. L’Armenia sostiene infatti che l’Azerbaijan stia avanzato sul suo territorio.
Ci sono interessi internazionali in campo, ma anche etnici e religiosi. I due paesi infatti vantano due primati: l’Azerbaijan nel 1918 dichiarandosi indipendente dalla Russia zarista fu la prima Repubblica parlamentare musulmana nel mondo, mentre l’Armenia è il primo Stato al mondo che ha dichiarato il cristianesimo religione di Stato, ancora prima dell’Impero romano. Come ci ha spiegato in questa intervista il generale Carlo Jean, esperto di strategia, docente e opinionista “è molto difficile trovare una composizione a una situazione così complicata da ogni punto di vista”.
L’Armenia ha chiesto l’intervento russo e degli altri Paesi membri del Csto per fermare quella che hanno definito una aggressione. Secondo alcuni analisti l’Azerbaijan sta approfittando dell’impegno russo in Ucraina per perseguire i propri scopi, le sembra una ipotesi credibile?
In Armenia c’è già una guarnigione russa con la funzione di forza di dissuasione e peace keeper. Quello fra questi due Paesi è un conflitto congelato che ogni tanto si riaccende. Si sparano a vicenda e poi trovano una soluzione. Inviare qualche migliaio di soldati per Mosca non sarebbe un grande sforzo, il problema è che vista la situazione in cui si trova oggi la Russia l’ultimo desiderio che ha è inimicarsi la Turchia, che è il grande sponsor dell’Azerbaijan.
Infatti, il Caucaso è oggetto di forte interesse da parte turca, il cui sogno è di espandersi verso l’Asia centrale, in direzione Kazakistan. Quanto pesa questo espansionismo turco sul questa guerra?
È un territorio dove si sono incrociati nei secoli tre imperi, quello russo, quello ottomano e quello persiano. I russi ebbero la meglio fino al crollo dell’Unione Sovietica, adesso Erdogan si sta facendo largo. Il Caucaso era la via da cui passava la Via della seta, che giungeva in Cina e oggi ha una importanza globale per via del petrolio e del gas.
Sempre secondo alcuni analisti, l’Azerbaijan, che ha grandi giacimenti di gas, potrebbe far leva sul bisogno energetico dell’Europa per ottenere appoggio nella guerra con l’Armenia.
L’Europa acquista già gas dall’Azerbaijan, ma Mosca non può cedere più di tanto perché vorrebbe dire mandare per aria il Csto, una specie di Nato eurasiatica che ha permesso alla Russia di mantenere il controllo delle sue ex repubbliche asiatiche.
Quanto conta questa organizzazione oggi? Ha ancora un valore?
È una organizzazione che raduna Paesi molto poveri e instabili, ma ha permesso alla Russia di intervenire in Kazakistan lo scorso gennaio e anche in Bielorussia quando la popolazione era scesa in strada manifestando contro il presidente Lukashenko.
Tornando al conflitto, prevede una escalation che riporti alla situazione di due anni fa?
Gli armeni sono un popolo combattivo che non si placa facilmente. Non è un caso che siano in corso manifestazioni popolari contro il primo ministro in carica perché considerato troppo arrendevole nei confronti dell’Azerbaijan. Un conflitto in quella regione fa prestissimo a divampare.
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