Non sono i 200mila soldati che qualche settimana fa qualcuno disse che Trump voleva inviare per fronteggiare l’Iran. Sono mille, ma hanno un significato ugualmente importante. Secondo Giuseppe Morabito, membro del Collegio dei Direttori della Nato Defense College Foundation (NDCF), Iran e Usa stanno alzando il livello del confronto-scontro ciascuno ai danni dell’altro: “Davanti all’annuncio dell’Iran di voler aumentare la dotazione di uranio arricchito, l’invio dei soldati americani è la cosiddetta mossa di deterrenza perfetta”. Ma, aggiunge Morabito, è solo una tessera di un puzzle che vede rafforzarsi l’accerchiamento di Teheran, mentre Russia e Cina guardano ai propri interessi nell’area.
Trump manda mille soldati nell’area del Golfo: è una minaccia?
E’ l’esempio classico di deterrenza. Gli americani dichiarano di aumentare la loro presenza numerica, schierandosi nelle basi della zona. In teoria aumentano nominalmente la prontezza operativa e la capacità di intervento.
Il Pentagono dice che si tratta di “fronteggiare le minacce iraniane”…
E’ logico, l’Iran è il nemico numero uno di Trump. E’ un’ottima mossa in questo momento, perché non è una mossa altamente conflittuale, non ha mandato navi nello Stretto, ha aumentato le truppe di terra a supporto di qualcuno, non ha detto che li manderà in funzione offensiva. Un’eventuale azione contro l’Iran non verrà mai condotta “boots on the ground”, come si dice in gergo militare, con le truppe di terra. Nessun analista prevede ci sia uno sbarco in Iran. Si tratta di aumentare la presenza militare sul territorio dei paesi amici, anche per dar loro un forte segnale di sicurezza.
E’ però altrettanto logico che per l’Iran questa è una sfida, anche perché nessuno sa ancora chi ha colpito le petroliere nel Golfo. All’apparenza sembra tutta una manovra americana per provocare Teheran. E’ così?
Dobbiamo tenere conto che l’altro ieri l’Iran ha dichiarato che aumenterà l’arricchimento dell’uranio. Questa degli americani è la prima risposta a quella dichiarazione.
Gli Usa, però, hanno abbandonato unilateralmente l’accordo sul nucleare. A questo punto chi provoca chi?
E’ un gioco delle parti, ognuno fa una dichiarazione di deterrenza nei confronti dell’altro. E’ un’escalation, però l’Iran non andrà oltre quel livello di arricchimento dell’uranio o tenterà altre azioni contro le petroliere in transito nello Stretto. Neppure gli americani hanno intenzione di “partire” per primi.
Quindi?
Ripeto, siamo davanti a un’escalation di deterrenza reciproca. Come ai tempi della Guerra fredda con l’Unione Sovietica. Chi può dire chi sta provocando chi? I rapporti fra i due paesi sono tesi sin dal 1979, quando ci fu la rivoluzione in Iran. Obama aveva cercato un accordo pacificatore, ma per il governo americano l’Iran non lo rispetta. Ricordiamoci, poi, dell’Arabia Saudita, ai ferri corti con l’Iran: l’America è la grande alleata dei sauditi.
A forza di deterrenza reciproca e di escalation, non si arriverà a un punto di non ritorno?
Il rischio c’è e non si può escludere. Proprio un paio di giorni fa sulle alture del Golan Israele ha inaugurato un insediamento dedicandolo a Donald Trump, grande difensore di Israele: anche questa è interpretata da Teheran come una provocazione. Il premier ad interim della Moldavia ha poi dichiarato che sposterà l’ambasciata a Gerusalemme. Sono tanti piccoli tasselli del puzzle mediorientale. Non prevedo che si possa andare a uno scontro diretto, ma senz’altro sta aumentando l’accerchiamento dell’Iran. Ad esempio, pare che solo Erdogan ha “fatto da sponda” all’Iran nelle espressioni pubbliche di cordoglio per la morte dell’ex presidente egiziano Morsi.
Chi può spezzarlo? Cina e Russia si sono espresse con toni differenti: i cinesi invitano Teheran a rispettare l’accordo sul nucleare, i russi parlano di mossa avventata e pericolosa degli americani.
La Russia in questo momento non ha la capacità operativa militare e finanziaria per aumentare la presenza in altre aree oltre a quelle dove è già presente, può solo condannare. In aggiunta, storicamente nel golfo la Russia non è mai intervenuta in modo importante.
Pechino invece che gioco fa?
La Cina in questo momento ha contrasti commerciali pesanti con gli Usa per cui cerca di essere distensiva nei confronti degli americani e non aprire apertamente altri fronti. La Cina lavora affinché l’Iran non infranga gli obblighi, perché un aumento della crisi nel Golfo arabo e un eventuale aumento del prezzo del greggio per Pechino, che è tra i principali importatori di greggio dall’Iran, sarebbe un grosso danno. La Cina ha tutto l’interesse perché la situazione rimanga tranquilla o almeno stabile. Se invece aumentano i prezzi del greggio, la Russia ha un guadagno immediato come grande esportatore. Ognuno, cioè, cerca di fare i propri interessi nell’area.