Unità dell’US Navy hanno abbattuto l’altra sera circa 24 tra missili e droni lanciati dagli Houthi dallo Yemen. Il British Maritime Trade Center riferisce che il giorno prima gli Houthi avevano attaccato una nave mercantile nel Mar Rosso, e il capitano di un’altra nave commerciale ha segnalato un’esplosione vicino alla sua nave, 82 miglia nautiche a nord-ovest di Hodeidah, Yemen.



Ma gli Houthi hanno colpito (per la prima volta utilizzando un drone marino) anche la rinfusiera greca Tutor, danneggiata, incendiata, sbandata e abbandonata alla deriva dall’equipaggio, che ha registrato anche una vittima. E un marinaio è rimasto gravemente ferito dopo che la nave da carico su cui viaggiava nel Golfo di Aden giovedì è stata colpita da due missili da crociera sparati dallo Yemen. L’attacco missilistico ha causato anche un incendo a bordo della Mv Verbena, nave battente bandiera della Repubblica di Palau, di proprietà ucraina e gestita dalla Polonia.



Secondo gli Houthi “…il numero di navi prese di mira legate ai nemici israeliani, americani e britannici finora è di 145”, e si dicono pronti ad armare altre fazioni della regione, come i terroristi somali di Al-Shabaab, sull’altra parte del Mar Rosso, questi ultimi fanatici islamisti sunniti, che alla bisogna non disdegnano di cooperare con gli Houthi, loro invece sciiti zayditi, entrambi i gruppi armati dalla stessa mano iraniana.

Sono alleanze puntuali, che segnano la geometria variabile dell’opportunismo islamico: storicamente sunniti e sciiti non comunicano e vivono in un perenne antagonismo religioso. Ma oggi il grande Satana, l’Occidente e Israele, sta coagulandoli in un fronte comune. L’obiettivo, per altro dichiarato, è stringere in una morsa ancora più stretta quella rotta di transito, ossia diventare i padroni del Mar Rosso.



Nel frattempo, la milizia yemenita afferma di aver condotto anche operazioni militari (non meglio specificate) congiunte con la resistenza islamica in Iraq, prendendo di mira “siti vitali” in Israele. Le intelligence occidentali sostengono che sarebbero 368.196 i militari mobilitati dallo Yemen pronti a operazioni, ma ovviamente si tratta di stime approssimative: la configurazione stessa dell’organizzazione dei “ribelli” yemeniti non consente censimenti più attendibili.

Aumentano dunque le incursioni dei terroristi sciiti, e di pari passo continuano a lievitare le tariffe del trasporto marittimo, a danno anche e forse soprattutto dell’Italia: la scorsa settimana Shangai-Genova è salita del 17%, rincaro del 202% rispetto a un anno fa. La media giornaliera di navi in transito dal canale di Suez è scesa da 71 a 37. Gli attacchi degli Houthi contro il traffico navale a largo dello Yemen quasi non fanno più notizia, ma stanno diventando un problema sempre più grave: le flotte occidentali non riescono a fermarli mentre nello scorso maggio il costo delle spedizioni di un container via Suez è tornato a salire (si parla di costi fino a 10.000 dollari per una urgent shipment di grandi dimensioni), fino al doppio delle tariffe spot attuali.

Anche la missione europea EUNAVFOR Aspides, attiva da circa 4 mesi, a comando tattico italiano, sembra arrancare. Il contrammiraglio greco Vasileios Gryparis, comandante operativo della missione, nei giorni scorsi ha avvertito (in un incontro a Bruxelles con i rappresentanti diplomatici dell’Ue) che dopo il ritiro della tedesca Hessen, ci sarebbero state solo tre fregate disponibili per i prossimi mesi. Ed è evidente che vista la portata della sfida servano più assetti: e probabilmente anche una diversa attività. In pratica, il contrammiraglio ha sostenuto che oltre alla flotta navale, per rendere efficace il contrasto agli attacchi Houthi servirebbe un’adeguata copertura aerea, che però nessun Paese europeo sembra disponibile a garantire, vuoi per oggettive difficoltà logistiche, vuoi per mantenere un profilo prudente della loro presenza militare nell’area.

Aspides vede coinvolte 19 nazioni partner, e al momento conta schierate nell’area di operazioni 5 unità navali e circa mille effettivi. Inizialmente le navi erano 4, la flagship Caio Duilio della Marina italiana (classe Doria), la fregata tedesca Hessen (tipo F-124, classe Sachsen), la fregata francese Alasace tipo Fremm (classe Aquitaine) e la fregata greca Hudra (classe Hydra). Successivamente, con il ritorno in patria della Hessen (21 aprile), il numero di navi è sceso per un breve periodo a 3, per poi tornare a 4 con l’arrivo ai primi di maggio (in ritardo per motivi tecnici) della fregata belga Louise-Marie (classe Karel Doorman), con il cacciatorpediniere Duilio nel frattempo sostituito dalla Fremm ASW Fasan (29 aprile), nuova nave ammiraglia della missione.

La Rid informa che durante il periodo in cui erano operative solo 3 unità navali (circa 2 settimane, tra il 21 aprile e il 4 maggio), la missione Aspides ha effettivamente faticato a scortare le navi mercantili in transito nel tratto di mare compreso tra il Mar Rosso meridionale e il Golfo di Aden, tanto che alcuni mercantili hanno dovuto sostare in mezzo al mare, a sud del porto saudita di Jeddah, in attesa delle unità di scorta. Il rischio di un semilavorato è sempre dietro l’angolo.

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