È un lungo discorso sulla storia, sul presente e sul passato quello nato tra lo storico Alessandro Barbero e il direttore del Fatto Marco Travaglio sul palco della Festa annuale del quotidiano che – quest’anno – ha raccolto il tutto esaurito e qualcosa come mille e 500 presenze; partendo da una realtà fattuale: ovvero che oggi le guerre sono profondamente mutate rispetto al passato e che chiunque ogni giorno pronunci quella parola che fino a pochi decenni fa sembrava quasi ‘sporca’ “non sa più cosa dice”.
Soffermandosi sui mutamenti intercorsi dal passato al presente nella grande categoria che ricopre la parola ‘guerra’, Alessandro Barbero ricorda come prima chi decidesse di intraprendere missioni (quasi) suicide lo faceva “serbando nel cassetto più di un piano, a seconda dell’alleato da difendere o dell’oppositore da attaccare” perché la retorica degli “eserciti permanenti e delle tasse sugli armamenti” sembrano aver aperto a “guerre che i media annunciano e propagandano, ma che nessuno ha idea di quando sanno e come saranno fatte”; il tutto alimentando l’idea che si dia già “per scontato che una guerra ci sarà” con l’esito che “alla fine poi arriverà“.
Alessandro Barbero: “Oggi si parla di pace e cause giuste, ma è tutta pura propaganda”
Sono tanti i fattori in gioco nella guerra postmoderna secondo Alessandro Barbero, a partire dal fatto che tutti parlano di pace, ma ignorando che nella storia ce ne fu solamente una vera e duratura, quella “di Westfalia con la fine della guerra dei 30 anni: nessuno ne poteva più ed è riuscita a fargli [chiedere] ‘ma siamo sicuri che il motivo sia così importante'”; per arrivare fino al fatto che mentre da noi si vive in “un eterno presente”, altrove – come in Ucraina, ma anche in Medio Oriente – “il passato non è mai finito e determina” le scelte di decisori e popolazioni.
Per non dimenticare – continua sempre Alessandro Barbero – il peso e la centralità di una propaganda che aumenta esponenzialmente “la complessità” di qualsiasi conflitto, portando chiunque (talvolta inclusi i suoi colleghi) a semplificare la realtà attorno a vuote promesse di cause “giuste” che alla fine non lo sono mai; con l’esito – drammatico e terribile allo stesso tempo – che ormai qualsiasi politico sia arrivato a dire che “non sia così sicuri e dobbiamo rafforzarci“, mentre in passato (quando la guerra era tutta un’altra cosa) in Europa “sarebbe andato a casa qualsiasi politico avesse detto ‘so che la scuole fa schifo e la sanità peggio, ma noi compriamo navi da guerra’”.