Un rapporto dell’ambasciata di Svezia a Mosca pone il problema della gestione da parte dei russi di attività strategiche sul territorio della NATO, alludendo a una centrale nucleare costruita in Turchia. È solo l’ultima delle collaborazioni avviate da Erdogan e Putin insieme, relative all’energia ma anche al settore commerciale. Qualche tempo fa erano stati definiti rapporti anche dal punto di vista militare, elemento che non ha mancato di allarmare l’Alleanza atlantica, di cui Ankara fa parte. Ora tutto è rientrato su questo fronte. Anzi, spiega Valeria Giannotta, direttore scientifico dell’Osservatorio Turchia del CeSPI, la realtà è che la NATO “sfrutta” in qualche modo la Turchia per tenere un canale aperto con i russi, quel canale di comunicazione che ufficialmente non può ammettere di volere. Erdogan, intanto, ha annunciato ufficialmente alla nazione che vuole tentare nuovamente di fare da mediatore fra Russia e Ucraina.
Erdogan e Putin, Turchia e Russia: quali sono i rapporti fra i due Paesi e i rispettivi leader? Il rapporto degli svedesi ha scoperto qualcosa di nuovo?
L’allarme della Svezia è fondato sì e no: in Turchia c’è già una centrale nucleare, che è stata costruita in consorzio con la Russia e inaugurata nell’aprile dello scorso anno. Pare si sia raggiunto un accordo per una seconda centrale da costruire insieme a Rosatom, azienda russa. Erdogan ne ha parlato in un suo discorso, nel quale da una parte sosteneva la causa dell’Ucraina e la sua integrità territoriale, mentre dall’altra ha ventilato l’ipotesi di un nuovo meccanismo di negoziazione tra Russia e Ucraina, che sarebbe già sul tavolo dell’ONU e del quale Ankara si è fatta promotrice. Ma ha anche annunciato nuove sinergie in ambito economico ed energetico con la Russia. La Turchia ha degli interessi in Ucraina: le sta a cuore la questione della Crimea, dove ci sono i tatari, di origine turca, che la Turchia ha ospitato sul suo territorio.
Il dialogo tra russi e turchi, insomma, fra alti e bassi c’è sempre stato e non ha mai subito interruzioni?
Sì, tanto è vero che nei giorni scorsi all’Antalya Diplomacy Forum c’è stato uno spazio dedicato a Lavrov, il ministro degli Esteri russo. Ha spiegato la percezione che la Russia ha delle dinamiche internazionali. Si era parlato di un incontro fra Erdogan e Putin che però, a quanto pare, sarebbe stato spostato a dopo le elezioni russe. Intanto però in Turchia è arrivato Lavrov, che ha tenuto un talk aperto al pubblico. C’erano anche esponenti del governo ucraino. D’altra parte, proprio ad Antalya due anni fa si sono avviate le prime negoziazioni tra le parti, su tavoli separati, per cercare di porre fine alla guerra.
La Turchia, quindi, si propone nuovamente come mediatore tra Russia e Ucraina?
Sì. Era già riuscita a costruire il corridoio del grano, esperimento ora in stand-by, ma ora ha presentato alle Nazioni Unite un dossier dove propone un meccanismo di mediazione. Erdogan lo ha dichiarato nel discorso alla nazione, sostenendo che ci sta lavorando alacremente. La Turchia tende a ergersi un po’ come stabilizzatore dell’area. E farlo in una zona così critica dove c’è il Mar Nero va anche a suo vantaggio. Soprattutto, credo che voglia cogliere il momento storico per cui in Siria sembra esserci un po’ di fatica della Russia, molto concentrata sullo scenario domestico.
Ma quali sono le sinergie già in atto fra Mosca e Ankara?
Il maggior flusso turistico in Turchia, soprattutto sul Mediterraneo, arriva dalla Russia. I turchi sanno molto bene cosa vuol dire interrompere i flussi commerciali con Mosca, lo hanno visto nel 2016 quando un jet russo è stato abbattuto dai turchi al confine siriano, incidente in seguito al quale sono state congelate le relazioni economiche e diplomatiche. Ci sono grandi investimenti turchi a livello infrastrutturale in Russia, nel campo delle costruzioni. I settori trainanti della Turchia verso Mosca sono quelli ortofrutticolo e manifatturiero. I rapporti tra i due Paesi si giocano anche su alcuni dossier regionali: in Siria, pur essendo su due fronti opposti, sono riusciti a ritagliarsi dei margini di manovra senza pestarsi i piedi, scendendo a patti e ottenendo importanti cessate il fuoco a Idlib e ad Aleppo. Lo stesso hanno fatto in Libia.
Come possiamo definire allora i rapporti fra i due Paesi?
C’è un legame cordiale, basato negli ultimi anni sui contatti personali tra i due presidenti e su forti complementarietà. A un certo punto si è parlato di una nuova pipeline che dovrebbe partire dalla Russia, attraversare il Mar Nero e dalla Turchia convogliare il gas verso l’Europa.
Un progetto che sarà in stand-by, giusto?
Certo, ma è ancora sul tavolo.
Magari dopo la guerra l’Europa riaprirà alla Russia?
In un primo momento, la Turchia voleva ergersi a hub energetico per convogliare il gas russo in Europa, ma adesso non se ne parla più. Il fatto che Ankara non abbia applicato sanzioni fin dall’inizio della guerra, non abbia chiuso lo spazio aereo, abbia vietato ma poi riaperto le transazioni bancarie è sintomatico dell’importanza del legame con la Russia, che ha ricadute sull’economia turca, dove l’inflazione è ancora al 60%, con picchi del 100% l’anno scorso.
Come viene conciliato tutto questo con l’appartenenza alla NATO della Turchia?
La Turchia è uno dei membri storici della NATO, lo è dal 1952. Nell’Alleanza il suo è l’esercito più grande dopo gli USA. A livello strategico funge da contenimento alle minacce che arrivano da Est. I rapporti con gli Stati Uniti sono stati ad alti e bassi e se ci sono tensioni la Turchia tende ad avvicinarsi ad altri attori internazionali. Quando Ankara si è vista negare dagli USA il sistema missilistico Patriot, ed essendo sanzionata sempre dagli americani sugli F35, ha siglato con la Russia un accordo per il sistema missilistico S-400. Questo era diventato un elemento di forte criticità per molte cancellerie occidentali, che avevano parlato di morte cerebrale dell’Alleanza atlantica.
Adesso, invece, come stanno le cose?
Oggi Erdogan ha giocato un ruolo fondamentale per togliere i veti contro l’entrata nella NATO di Svezia e Finlandia, frutto di negoziazioni che hanno portato all’acquisizione degli aerei F16 concessi dagli americani ai turchi. Le divergenze tra i due Paesi sembrano essersi appianate, tanto è vero che è stato nominato il nuovo ambasciatore turco negli USA: prima è sempre stato un componente del partito del presidente, ora è un diplomatico di carriera. Hakan Fidan, il ministro degli Esteri, sta per recarsi a Washington e pare si stia preparando il terreno anche per una visita dello stesso Erdogan a Biden: sarebbe la prima visita di Stato tra i due presidenti.
Il legame Russia-Turchia viene visto con sospetto dagli USA e dalla NATO?
Oggi c’è più la sensazione che la Turchia stia facendo il “lavoro sporco” che nessuno stato occidentale vuole fare nei confronti della Russia. In qualche modo fa comodo che Ankara tenga i rapporti con Mosca. In qualsiasi sana logica diplomatica bisogna tenere aperti i contatti.
(Paolo Rossetti)
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