L’Amministrazione Biden, secondo quanto riportato in anteprima dal Wall Street Journal, ha concesso una licenza a Chevron per ritornare a lavorare in Venezuela. La mossa potrebbe essere segnaletica di un cambiamento più ampio che alla fine coinvolgerebbe altre società petrolifere. La decisione non ha particolari effetti sul mercato fisico nel breve periodo perché l’industria petrolifera venezuelana viene da anni di embargo e necessita di investimenti ingenti per aumentare la produzione. La decisione di questo weekend apre però una fase nuova e il Venezuela rimane un Paese con grandi potenzialità di produzione.
Negli stessi giorni in cui viene concessa una prima licenza a Chevron l’Amministrazione Biden approva un piano per costruire un novo terminale di esportazione di petrolio davanti alle coste del Texas nel Golfo del Messico. Secondo il progetto presentato al dipartimento dei trasporti, il terminale avrà una capacità di stoccaggio di 4,8 milioni di barili e una capacità di esportazione di 2 milioni di barili al giorno. Sono numeri, soprattutto il secondo, che impattano il mercato di petrolio globale. Anche in questo caso l’approvazione del dipartimento dei trasporti non avrà conseguenze di breve termine perché la costruzione del terminale richiederà diversi trimestri.
Entrambe le decisioni riflettono una visione di medio lungo periodo perché gli investimenti necessari per rimettere in sesto il settore petrolifero venezuelano sono ingenti e perché il terminale non è un’opera banale. Nelle 94 pagine con cui l’amministrazione marittima americana ha approvato il terminale si legge che “il terminale offrirà una fonte affidabile di petrolio per gli alleati americani nell’eventualità di uno sconvolgimento del mercato (market disruption) e avrà un impatto minimo sulla disponibilità e il costo del petrolio sul mercato americano domestico”.
L’America, quindi, si aspetta che ci possa essere un importante mercato di sbocco per il petrolio americano verso est.
La guerra in Ucraina continua e in questi giorni si discute del tetto al prezzo del petrolio russo che impatterà la disponibilità di petrolio in Europa. La crisi energetica in Europa minaccia l’esistenza dell’industria europea e diversi politici continentali hanno accusato gli Stati Uniti di approfittarsi del conflitto. Il Commissario europeo per gli affari interni Breton ha dichiarato che “gli Stati Uniti ci vendono il gas con un effetto moltiplicativo di quattro volte quando attraversa l’Atlantico”. Il ministro dell’Economia francese Le Maire qualche settimana fa ha dichiarato che “occorre dire ai nostri partner americani” che l’Inflation reduction act approvato da Biden a novembre “potrebbe determinare un notevole shock per l’industria europea”. Il ministro del Governo Macron si riferisce con ogni probabilità agli incentivi offerti dal Governo americano ai componenti prodotti negli Usa proprio quando le imprese europee chiudono o smettono di investire a causa dei costi energetici. Il ministro dell’Economia tedesco Habeck ha dichiarato di essere completamente allineato al governo francese sull’Inflation reduction act americano.
È chiaro a tutti che le conseguenze per l’Europa del conflitto con la Russia sono infinitamente peggiori che per gli Stati Uniti. Gli europei non hanno risorse energetiche sufficienti e quelle che ci sono rimangono inutilizzate a causa dell’autoimposta transizione green; è una transizione che gli Stati Uniti hanno già accantonato come si evince chiaramente dalle ultime decisioni dell’Amministrazione Biden. In questi giorni l’operatore delle rete elettrica inglese ha valutato la possibilità di pagare gli utenti per non consumare elettricità. L’offerta di energia è crollata per la mancanza di vento. Aumentare all’infinito la capacità eolica non risolve la situazione perché se anche fossero stati installati campi pari a tutta la produzione nucleare e termica mondiale con zero vento si produce zero elettricità.
Quello che conta è che mentre il conflitto continua emergono interessi divergenti, colossali opportunità di guadagno e colossali rischi di perdite. Occorre chiedersi se siano solo un effetto di quello che accade o se, in qualche modo, possano diventare una causa.
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