LA VITTORIA DI TRUMP E LE PRIME REAZIONI DALLA RUSSIA: NESSUN MESSAGGIO DI PUTIN, MA DAL CREMLINO ARRIVA UNA PRIMA APERTURA

«Non inizierò le guerre, sono qui per fermarle»: un passaggio del discorso della vittoria di Donald Trump dal palco di Palm Beach affronta di petto il tema della guerra in Ucraina quanto quella in Medio Oriente, uno dei temi meno “interessanti” per l’elettorato americano ma ampiamente decisivo per le sorti mondiali per il resto dell’Occidente. Promettendo di cambiare registro rispetto all’amministrazione Biden, Trump lancia la sfida ai Dem sottolineando come dal 2016 al 2020 a livello internazionale l’America ha contribuito a sconfiggere l’ISIS senza “iniziare nuove guerre”, accusa che invece imputa alla gestione dei Democratici con Biden e Kamala Harris.



Come ha sempre ripetuto anche in campagna elettorale, la guerra in Ucraina dovrebbe finire al più presto con un accordo-dialogo da riallacciare con il grande nemico Vladimir Putin, ed è proprio questo a cui viene atteso ora il 47esimo Presidente degli Stati Uniti d’America: un primo indizio di qualcosa che potrebbe sbloccarsi è giunto dal commento del portavoce del Cremlino Dmitri Peskov dopo i risultati delle Elezioni americane. Secondo la “voce” di Vladimir Putin a Mosca, la Russia è convinta che gli Stati Uniti «possono avvicinare la risoluzione del conflitto con l’Ucraina». Lo stesso Peskov ha anche aggiunto che Putin al momento non ha intenzione di produrre alcun messaggio di congratulazione all’ex rivale Donald Trump (cosa che invece era avvenuta nel 2016) ma sarebbe stato strano il contrario visti i rapporti praticamente inesistenti a livello diplomatico (almeno ufficialmente) tra Washington e Mosca dopo l’invasione del Donbass.



PUTIN, I NEGOZIATI DI PACE E IL RUOLO DELL’AMERICA: COSA FARÀ TRUMP DA NUOVO PRESIDENTE USA

Quello che però ha tenuto a precisare il portavoce del Cremlino sulla vittoria di Donald Trump è l’attesa che ora la Russia nutre nei confronti degli Stati Uniti d’America: la disponibilità al dialogo permane, consci però che la guerra non può certo concludersi in una notte. Peskov aggiunge che a seguito della vittoria presidenziale, «dopo l’entrata nello Studio Ovale, a volte le dichiarazioni assumono un tono diverso». Quasi a dire, occorre attendere tempo per vedere se Trump manterrà la promessa di cambiare la linea americana tornando a negoziare con Mosca.



«Osserviamo tutto e tratteremo conclusioni su parole specifiche e passi specifici», ha concluso Peskov nel briefing quotidiano del Cremlino smentendo qualsiasi accusa di interferenza russa sul voto americano. In merito al dialogo con Trump ha poi ironizzato sul fatto che dopo Biden è alquanto difficile «peggiore ulteriormente le relazioni» tra Usa e Russia. Resta dunque da capire a livello pratico cosa farà il nuovo Presidente americano sul Medio Oriente (ancora più complicato) e sull’Ucraina, con il Presidente Zelensky che per il momento saluta positivamente l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca: l’approccio di pace tramite la forza è particolarmente apprezzabile per il Presidente ucraino in merito alla proposta trumpiana di pace e ricordando l’incontro dello scorso settembre aggiunge, «abbiamo parlato nei dettagli del partenariato strategico tra Ucraina e Stati Uniti, del piano per la vittoria e dei modi per porre fine all’aggressione russa contro l’Ucraina».

Molti analisi ritengono però che un rinnovato dialogo tra Putin e Trump metterebbe Zelensky in difficoltà per la possibilità concreta di dover “accettare” un negoziato di pace che sacrifichi in parte qualche territorio ucraino: alla vigilia delle Elezioni Usa era stato il Presidente russo a rinnovare l’invito per poter negoziare la fine della guerra con Kiev e saranno solo i prossimi mesi a validare o meno questo intendo già avanzato in passato senza però mantenere “sul campo” la volontà di cessare il fuoco. Tradotto in poche parole, difficile «risolvere la guerra in 24 ore» come avrebbe detto Trump in un celebre scoop del WP lo scorso aprile, ma un rinnovato dialogo con la Russia potrebbe essere il metodo usato dalla nuova amministrazione Repubblicana.