Il 20 maggio Xi Jinping ha visitato il sito di produzione della JL MAG Rare-Earth Co. Ltd. (chiamata anche Jiangxi Jinli permanent magnet Technology Co., Ltd.) che è specializzata nella produzione di magneti permanenti di terre rare – una famiglia di metalli elettromagnetici dalle eccezionali caratteristiche che li rendono essenziali per molti settori tecnologici – tra cui i magneti di neodimio. La visita, ufficialmente un giro di ispezione, è avvenuta il giorno dopo l’annuncio di Google che il sistema operativo Android non sarà più disponibile per i dispositivi Huawei.
I magneti al neodimio sono uno degli elementi più importanti per consentire alla Cina un posizionamento economico a livello globale: i magneti, infatti, hanno applicazioni sia civili che militari. Sono stati creati nei primi anni 80 da General Motors (GM) e Sumimoto Special Metals (ora una branca di Hitachi). General Motors fonderà Magnequench nel 1986 per commercializzare questi prodotti, che vanno dai dispositivi di archiviazione dei dati ai sistemi di guida dei missili. Nei primi anni 90, GM cercherà di vendere Magnequench, che non farà parte del suo core business. Magnequench sarà acquisita da Sextant Group, che funge da facciata per San Huan New Materials e China National Nonferrous Metals Import and Export Company, due società cinesi gestite dal genero di Deng Xiaoping. Dopo alcuni anni di mantenimento delle attività di produzione industriale negli Stati Uniti, le fabbriche saranno trasferite in Cina.
Dal 1996 al 2007 la produzione di magneti al neodimio da parte della Cina aumenterà da 2.600 tonnellate all’anno a 80mila tonnellate. La Cina oggi controlla tre quarti della produzione di magneti globali, mentre il 90% di questo mercato era stato condiviso vent’anni fa tra Stati Uniti, Giappone ed Europa.
In questa nuova fase della guerra economica tra Washington e Pechino la questione dell’uso delle terre rare come strumento offensivo è fondamentale.
Non a caso il Quotidiano del Popolo, giornale ufficiale del Partito comunista cinese, ha detto che gli Stati Uniti producono elettronica di consumo e attrezzature militari ed è proprio per questo che sono fortemente dipendenti dalle terre rare cinesi e proprio per questo non dovrebbero sottovalutare la capacità della Cina di salvaguardare i propri interessi economici.
In uno stile molto più esplicito, l’editore del Global Times Hu Xijin ha denunciato la “psicopatia di Washington” e promette che la Cina è disposta a fare “tutto il necessario” per salvaguardare i propri interessi.
D’altra parte, l’attenzione della Cina nei confronti delle terre rare è il risultato di una significativa riorganizzazione della produzione cinese degli ultimi quattro decenni allo scopo di mettere al centro del sistema di produzione globale proprio le terre rare.
Infatti a partire dal 1978, quando salì al potere in Cina, Deng Xiaoping espresse la volontà di modernizzare l’economia in quattro aree principali: l’agricoltura, l’industria, la ricerca scientifica e la difesa nazionale. Proprio per questo la Cina pianificò l’ingresso di capitali stranieri allo scopo di creare zone economiche speciali (SEZ), fondamentali strumenti finanziari che offrono una serie di vantaggi per gli investitori stranieri che desiderano sviluppare il business in Cina, come i benefici fiscali e una maggiore facilità d’acquisto dei terreni. Così, ad esempio, il villaggio di pescatori di Shenzhen, il primo SEZ nel 1979, costituisce oggi il più importante centro di fabbricazione al mondo di prodotti hi-tech.
Una seconda tappa avvenne nel marzo del 1986, quando la Cina comprese che la padronanza dei nuovi materiali e di nuove tecnologie di produzione era fondamentale per incrementare la competitività industriale. Proprio per questo le terre rare erano identificate come un’area di ricerca fondamentale.
Nel 1992 Deng Xiaoping, durante la sua permanenza nella provincia di Jiangxi, tenne un discorso la cui importanza si può comprendere chiaramente solo oggi, discorso nel quale sostenne che così come il Medio Oriente ha il petrolio, la Cina ha le terre rare, che sono dunque d’importanza strategica per consentire alla Cina di porre in essere la sua proiezione di potenza.
Ebbene, proprio facendo sua questa ambizione, Xi Jinping intende far rivivere il “sogno cinese” lavorando per il “grande rinascimento della nazione cinese” con lo scopo di posizionare la Cina come principale potenza economica del mondo.