L’ex presidente della Corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky è intervenuto sulle colonne de “Il Fatto Quotidiano” per commentare l’articolo 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”). L’esperto ha chiarito che “nel diritto internazionale, il flagello dell’umanità, che dopo la Seconda Guerra Mondiale si volle condannare definitivamente, è qualificato come violenza bellica o, nelle parole dello statuto dell’Onu e di altre dichiarazioni della stessa fonte, come ‘minaccia o uso della forza’. Questo è il significato che deve darsi all’articolo 11 della Costituzione per non privare di senso il libello di ripudio ch’esso contiene”.



Tuttavia, la Costituzione non vieta la guerra sempre e comunque, ma quando è strumento di offesa alla libertà degli altri popoli: “Questo punto è molto importante – ha affermato Zagrebelsky –. La Costituzione non è ‘pacifista’ in assoluto, nel senso evangelico del ‘porgere l’altra guancia’ a chi ti ha offeso. La legittima difesa è, e non potrebbe non essere, ammessa. È piuttosto ‘pacifica’ nel senso del ‘Discorso della Montagna’: ‘beati i pacifici’, cioè coloro che fanno pace, i ‘costruttori di pace’. Perciò è vietata la guerra offensiva, la guerra che ‘offende la libertà degli altri popoli’. Nessuno mette in dubbio che ci si può, anzi ci si deve difendere, ma non è vietato l’uso della forza quando si tratta non di offendere, ma di proteggere la libertà degli altri popoli. La questione non è di principio, ma è pratica: evitare che sotto il pretesto umanitario si nascondano ragioni di potenza”.



GUSTAVO ZAGREBELSKY: “L’ARTICOLO 11 IMPONE DI GUARDARE LONTANO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO”

Nel prosieguo delle dichiarazioni rilasciate a “Il Fatto Quotidiano”, Gustavo Zagrebelsky ha asserito che bisogna guardare lontano per pensare la pace e l’articolo 11 impone di fare proprio questo, nello spazio e nel tempo. In particolare, lo fa quando ammette, in condizione di parità, le “limitazioni di sovranità necessarie a un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” e invita a “promuovere e favorire le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. La guerra, ha aggiunto Zagrebelsky, “diretta o indiretta che sia, non è sempre moralmente lecita, anche se si sa chi è l’aggressore e chi l’aggredito. Davvero in Ucraina si è convinti di sconfiggere la Russia e di poter costringerla alla resa? Davvero si crede all’efficacia di strumenti come le sanzioni economiche che non hanno mai funzionato nei confronti di popoli abituati alle più disperate resistenze in nome di guerre patriottiche?”.



Sul segreto legato alle armi inviate in Ucraina dall’Italia, Zagrebelsky ha asserito: Non si capisce perché non si possa sapere quali siano. Segreto militare? Una volta inviate e messe sul campo si saprebbe benissimo che cosa sono. Si vuol che si sappia solo a cose fatte? In altri Paesi che partecipano alla fornitura di armi all’Ucraina vige la pubblicità. Sapere quali sono è essenziale per comprendere la natura della partecipazione italiana alla guerra in Ucraina. Che cosa si nasconde? La natura dell’industria bellica in Italia, forse?”.