La campagna vaccinale sulla terza dose ha preso il via in Italia lunedì 20 settembre. La somministrazione del richiamo del vaccino non sarà però aperta inizialmente a tutti, la priorità verrà infatti data ai fragili, agli immunodepressi e successivamente agli over 80 e al personale sanitario prima di passare al resto della popolazione. Ma c’è ancora chi non ha le idee chiare sulla terza dose come Guido Rasi, consigliere scientifico del commissario all’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo, ed ex direttore esecutivo dell’agenzia europea del farmaco Ema, che ospite ad Agorà ha spiegato: “Meglio aspettare anche perché somministrare la dose addizionale a tutti è un impegno notevole anche logistico ed economico. Probabilmente ci si arriverà perché questo virus non è disponibile a concederci un’immunità permanente, ma la durata dell’immunità non la conosciamo e si parla da 6-9 a 12 mesi. Negli immunodepressi è dimostrato che è diminuita, è giusto prepararsi ed avere la macchina operativa pronta, però per la terza dose a tutti aspettiamo un attimo”.

I dubbi di Rasi non sono tanto sull’efficacia del vaccino, quanto su la necessità di renderla disponibile a tutti: “Qualche buona notizia potrebbe arrivare, ad esempio che qualche classe di età potrebbe non avere bisogno. Abbiamo tanto da fare tra chi non si è vaccinato e con le terze dosi degli altri, direi che possiamo avere un po’ più di tempo. Purtroppo la cifra comunicativa della pandemia ha portato al ritardo delle vaccinazioni, anche perché di questo virus non sappiamo tutto come dovremmo. Ci stiamo abituando, ma secondo me ci dobbiamo affidare alla FDA e all’Ema, non dobbiamo chiacchierare più e fare parlare solo loro che sanno e hanno studiato bene il virus. La loro lentezza dipende dai dati che arrivano dalle case farmaceutiche che a volte giocano a scaricare le responsabilità”.

Vaccino ai bambini, per Rasi è “indispensabile”

Altro punto importante toccato da Guido Rasi nel corso della trasmissione Agorà è stato quello relativo alla vaccinazione dei più piccoli. Negli scorsi giorni Pfizer e BioNTech hanno presentato i dati sulla sicurezza del siero per la fascia d’età 5-11 anni, con conseguente diminuzione del dosaggio da utilizzare. Rasi si è espresso così: “Sul vaccino ai bambini c’è da attendere perché faranno una nuova dose e se l’infialamento in tutto il mondo sarà compatibile e se i 10 milligrammi saranno stabili in una fiala più piccola quando li trasportano. C’è tanto da fare dietro, non solo burocratico, ma tanto tecnico. Posto che i dati saranno confermati da Ema per la produzione europea, da FDA è arrivato l’ok sulla sicurezza e l’efficacia e non mi aspetto niente di meno in Europa. Stiamo vedendo che la variante Delta attacca anche in età pediatrica, cosa che prima succedeva marginalmente”.

L’idea di Guido Rasi, ex direttore esecutivo dell’agenzia europea del farmaco Ema, è chiara: “Sarà indispensabile vaccinare i bambini di questa età, ricordiamo che i bambini sono quelli che rispondono meglio ai vaccini e tradizionalmente non hanno problemi collaterali perché la vaccinazione è intrinseca allo sviluppo immunitario del bambino. La vaccinazione dei più piccoli è consigliata perché ci sono casi troppo complicati da risolvere. Fino ai tre anni sembrano “sicuri”, poi dai 3 agli 11 ci sono casi gravi, dagli 11 in poi sembrano essere normalizzati. Quell’età, dai 3 agli 11, è quella in cui fanno esperienza immunitaria e il Covid potrebbe essere molto dannoso per loro“.

Green pass obbligatorio: “Darlo solo a vaccinati o guariti”

Guido Rasi, consigliere scientifico del commissario all’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo, ha detto la sua anche sul Green pass obbligatorio: “Secondo me potrebbe scongiurare l’obbligo vaccinale. Entro il 15 ottobre vedremo gli effetti reali delle aperture e dell’uso del green pass. Se il 15 ottobre si avranno numeri bassi negli ospedali, si potrà continuare così. Anche se magari si potrà forzare su alcune categorie…io sono un po’ perplesso sulle forze dell’ordine e sui militari che non sono ancora vaccinati. Non posso pensare a un poliziotto che va a salvare qualcuno e poi lo infetta, su questo c’è ancora un piccolo margine. A quel punto comunque potremo evitare l’obbligo”.

Ospite anche ad Otto e Mezzo ha poi ribadito: “Ragiono da gestore della salute pubblica e dico che il Green pass è una certificazione di un rischio mitigato molto importante, chi lo ha uno stato di immunità dall’infettare gli altri. In ambienti in cui tutti hanno il Green pass significa che lì il rischio di diffusione del virus è molto basso, significa avere una misura di salute pubblica importante. È uno strumento, forse perfettibile nella sua esecuzione, ma non esiste il rischio zero in medicina e biologia, ma è una mitigazione al rischio attuale. Se qualcuno ha un’idea migliore ben venga, ma io attualmente non l’ho. Tampone? E’ valido, ma se una persona incontra l’infetto due minuti dopo aver fatto il tampone si può infettare anche lui. Il Green pass lo darei solo ai vaccinati e a chi ha contratto la malattia, ragionevolmente una persona che può infettare in maniera minore gli altri”.