L’abbiamo appena visto passare da Sanremo, con i capelli sempre lunghi e riccioluti, ma diventati bianchi anche per lui. Stiamo parlando di Brian May, co-fondatore e unica, inossidabile chitarra dei Queen. Laureato in Astrofisica, classe 1947, Brian ha iniziato fin dai banchi del College a suonare con il batterista Roger Taylor, e dopo una breve parentesi con il nome Smile, incontrato Farroqh Bulsara, poi diventato Freddy Mercury, insieme crearono i Queen.

Musicalmente il gruppo era partito da un sound legato all’hard e al progressive rock, che a sprazzi riemerge anche nella produzione più tarda. Con gli anni (e i successi) i Queen si spinsero sempre più verso un mix di stili, che comprendeva rock, pop, alcuni brani tendenti al prog e alla commistione con strutture e modalità classicheggianti, talvolta alcune piccole, rare, perle acustiche.
Cominciamo a vedere i Queen in azione, in un brano che ci serve a capire alcune delle radici da cui la band pescava per elaborare il suo originale melting pot di stili.

Effettivamente, avrete sentito, il brano parte quasi come una romanza, con una linea melodica ampia e sentimentale e si trasforma poi in un galoppante rock, in cui l’assolo di chitarra esplode al punto giusto, dopo un break ritmico-vocale, in accordo perfetto con la grammatica delle pop-rock songs. Il pezzo si chiude poi nuovamente sul passaggio melodico dell’introduzione. Su Youtube ci sono diverse versioni live di questo brano, può essere simpatico cercarle e confrontarle.

Brian May non è stato solo il chitarrista dei Queen, ma anche l’autore di alcune delle più belle canzoni del gruppo. Sicuramente l’inno da stadio We will rock you, ma anche 39 e, nell’ultimo lavoro dei Queen con Freddie Mercury, The Show Must Go On. Ma forse su tutte le composizioni di Brian May si erge come un monumento la straordinaria Who wants to live forever, indissolubilmente legata al film Highlander. Ne vediamo una versione live dal celeberrimo concerto di Wembley, 1986.
Una delle caratteristiche che rende Brian May unico è che ha sempre suonato usando un solo modello di chitarra elettrica, la famosa Red Special

Ma ancora più sorprendente è il fatto che è un modello ideato, progettato e costruito da lui stesso a meno di vent’anni, con l’aiuto del padre, ingegnere e appassionato di modellismo. Sebbene ora usi delle repliche che liutai o industrie hanno fabbricato per lui e per commercializzare lo strumento, la chitarra è completamente una sua creazione, e così pure il suo caratteristico suono, che permette una numerosa serie di combinazioni.

Così il suo chitarrismo, prettamente rock-blues come fraseggio, sforna non solo pregevoli, anche se non tecnicissimi, assoli, ma un intreccio di chitarre, dosato e mixato da un sapiente lavoro in sala di registrazione.

Ci salutiamo con il simpatico video di A kind of magic, in cui appare anche un banjo, il primo strumento su cui Brian May mise la mani da ragazzino. Durante tutto il brano si sentono le sottolineature chitarristiche di Brian, in una successione di sonorità diverse: crunch, clean, distorto. L’assolo alterna frasi, registrate separatamente e riconoscibili, perché rimbalzano da destra a sinistra dello spettro sonoro. Infine, la parte finale ci fa ascoltare una stratificazione di chitarre sovraincise, in un’architettura complessa e affascinante.

 

Alla prossima!