Era tempo di tornare ad illustrare l’opera di un nuovo eroe delle sei corde, e la scelta è caduta sul grande Joe Bonamassa. Forse non così conosciuto ai più, è tuttavia uno dei migliori se non il più grande chitarrista blues-rock in circolazione. Un minimo di storia per inquadrare l’artista. Classe 1977, Joe all’età di 4 anni viene portato dal papà musicista ad un concerto di Stevie Ray Vaughan e ne viene talmente appassionato che già da allora la sua vita si lega indissolubilmente al blues. Ad 8 anni è già una specie di enfant prodige della chitarra, tanto da aprire concerti di B.B. King, e dai 12 anni in poi suona regolarmente nello stato di New York, fino a formare la band Bloodline con una serie di figli d’arte (alla batteria c’era il figlio di Miles Davis e al basso il figlio del bassista della Allman Brothers Band). È a 22 anni che esordisce con il suo primo album solista A New Day Yesterday, che nel titolo racchiude tutto il suo modo di suonare: partire dall’esperienza dei grandi del blues per elaborare uno stile antico e al tempo stesso attualissimo. Cominciamo a farci una idea del suo suono e del suo stile – anche vocale – con questo video del 2007, dove pur con qualche chilo in più rispetto al presente, sfoggia una zampata già riconoscibile e di qualità, che tiene dentro riferimenti piuttosto precisi ai sui maestri. Diceva Bonamassa in un’intervista che gli fece Carlo Verdone (potete leggerla in integrale qui ): “Credimi, sono e sarò sempre un fan, non mi vedo dall’altra parte. Ti dicevo, ho la fortuna di essere a un certo livello e posso anche dividere il palco con le leggende, ma rimango un loro fan, sono loro che mi hanno spinto a essere chi sono attraverso l’ispirazione che poi mi sono trovato a elaborare.” È tutto assolutamente vero. Le fonti di ispirazione si sentono, ma come gli ingredienti in una ricetta venuta bene, amalgamati fra di loro e soprattutto amalgamati con l’impronta del cuoco, fuor di metafora, dell’esecutore. Già nel primo estratto si sentivano Eric Clapton, Rory Gallagher, una punta di Stevie Ray Vaughan e qualcosa di B.B. King e Albert Lee. E se ne potrebbero aggiungere altri ancora, perché per elaborare uno stile ricco come quello di Bonamassa, di musica se ne deve aver sentita e suonata tanta. Nel 2009 per Joe si realizza il sogno di una vita: suonare alla Royal Albert Hall di Londra, dove 40 anni prima si erano esibiti i Cream di Clapton, Bruce e Baker. Il concerto mette in luce una grande maturità nella maniera di suonare di Bonamassa, nessuna indecisione, un grande gusto, sviluppatosi ulteriormente nonostante una certa ripetitività insita nel blues, che Joe scardina grazie alla varietà dei brani, degli arrangiamenti e del suo fraseggio, che mostra specialmente nei brani lenti dei passaggi davvero virtuosistici, ma non fini a se stessi. Volendo potete gustarvi tutto il concerto, quella linkata sotto è la prima metà, e all’interno del video c’è il link per vedersi anche la seconda. Molto bella la prima parte del video, documentaria, in cui Joe parla di se stesso e si prepara al concerto.

 Un altro importante incontro nella carriera di Joe Bonamassa è quello con la strepitosa cantante Beth Hart, strepitosa quanto sottovalutata, come lui stesso dice in un’altra intervista. Proprio una manciata di giorni fa è uscito il cd/dvd Live in Amsterdam che documenta il concerto del 30 giugno 2013 tenutosi nella città olandese. Una sequenza di 22 brani eseguiti da una big band in cui la maestria strumentale di Bonamassa e la tempra e le doti vocali della Hart si sposano a meraviglia. Una ballad di Etta James diventa una lunga cavalcata in cui le briglie vengono tenute a turno dalla graffiante performance vocale e dall’urlo della chitarra sempre dosato e impiegato con sapienza.  Salta subito all’occhio (e all’orecchio!) come tecnica, riferimenti ai maestri, velocità, gusto e innovazione siano giunti ad una miscela che non lascia spazio a sbavature o imprecisioni. Lo stile esecutivo di Bonamassa mostra un ricco vocabolario, arricchitosi giorno per giorno in più di vent’anni di confronto continuo con lo strumento. Anzi, con gli strumenti, come mostra questa foto. Alla faccia di tutti quelli che pensano che ci si inventi superstar da un giorno con l’altro, questo grande chitarrista dimostra che solo con anni di studio continuo si riesce a domare lo strumento fino a portarlo ad esprimere perfettamente il proprio pensiero musicale. Concludiamo con un rhythm’n’blues tendente al rock’n’roll tratto sempre dal Live in Amsterdam con Beth Hart. Per chiudere in bellezza questa breve panoramica sull’arte di Joe Bonamassa. Long live rock’n’roll!