ADDIO AL TEOLOGO CHE BENEDÌ LA ‘LIBERAZIONE’ NEL SUD AMERICA: È MORTO A LIMA PADRE GUSTAVO GUTIÉRREZ
Aveva 96 anni e viveva da tempo a Lima padre Gustavo Gutiérrez, il prete e teologo morto ieri 22 ottobre 2024 nel convento di San Domenico presso l’immensa capitale del Perù: era famoso per avere in qualche modo “benedetto” l’inizio di quella passata alla storia come Teologia della Liberazione. L’annuncio dato dalla stampa in Vaticano è stata accolta con calore da tutta la Chiesa sudamericana che nel teologo peruviano vedeva un simbolo della lunga stagione di “liberazione” dal giogo occidentale, non esattamente riuscita visti i risultati che ancora oggi si vedono nelle tante giunte para-militari o peroniste che affollano il Sud America.
In difesa dei poveri, che definiva «quelli che non hanno diritto ad avere diritti», e sempre legato al Vangelo delle Beatitudini, padre Gutiérrez ha dedicato l’intera vita alla difesa degli ultimi coniando la fortunata espressione “opzione preferenziale per i poveri”. Furono due dei più grandi uomini di fede del Novecento – San Giovanni Paolo II e il card. Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI – a riconoscere in quella via “preferenziale” avviata dal teologo peruviano un caposaldo del Magistero della Chiesa Cattolica: «l’opzione preferenziale per i poveri è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi», riconosceva il Papa Emerito tedesco, scomparso due anni fa.
Divenuto religioso domenicano in tarda età nel 1999, padre Gustavo Gutierrez è considerato non a caso il “padre” della Teologia della Liberazione, sebbene poi nacquero diverse correnti anche molto feroci tra loro che offuscarono il pensiero originale di amore e aiuto instancabile per i poveri abbandonati in condizioni ignobili dai Governi del centro-sud America. Dalla piccola Chimbote, cittadina peschereccia in Perù, quell’ancora giovane sacerdote sapeva parlare nel 1968 di “liberazione” dalle vecchie strutture ideologiche, capitaliste e secolari: assieme alle innovazioni del Concilio Vaticano II, in un primo momento la Teologia della Liberazione seppe parlare alla pancia dei popoli latinoamericani in maniera positiva e con l’auspicio di liberare i poveri nel nome del Signore.
LA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE E IL RAPPORTO CON LA CHIESA: SAN GIOVANNI PAOLO II AIUTÒ A LIMITARE IL MARXISMO
Le derive “peroniste” e marxiste, la concezione secondo cui l’unica vera teologia di liberazione dovesse seguire “due Vangeli”, quello di Cristo e quello del comunismo, portò il Vaticano alla dura condanna nel 1984 tramite la spinta della Congregazione per la Dottrina della Fede guidata dal cardinale Ratzinger. Fu poi anni dopo che lo stesso padre Gustavo Gutiérrez a riconoscere diversi errori di prospettiva e impostazione che diedero il là a varie correnti estremiste anche all’interno della Chiesa sudamericana.
Prima Papa Wojtyla, poi Benedetto XVI e infine anche Papa Francesco – che incontrò nel 2013 nel suo primo anno in Vaticano il teologo peruviano per “chiudere” ogni polemica – seppero inquadrare i pregi della Teologia della Liberazione, riconoscendo l’aspetto di amore e impegno per i poveri, escludendo invece le ali più ideologiche ed estreme presenti fin dalle origini. Come spiega oggi l’arcivescovo di Lima, cardinale Castillo, ricordando la celebrazione della Santa Messa con Papa Francesco e Gutiêrrez a Santa Marta, il teologo morto a 96 anni «ha accompagnato la Chiesa per tutta la sua vita, rimanendo fedele nei momenti più difficili, ricordandoci sempre che il vero pastore deve prendersi cura delle sue pecore, soprattutto delle povere».
In particolare fu l’azione combinata di San Giovanni Paolo II e dell’amico cardinale Ratzinger a “correggere” in corsa il movimento della “liberazione” sudamericana, facendo ben capire come i tre capisaldi della teologia “latina” (ovvero il pensare la concretezza del messaggio cristiano, l’annuncio della salvezza va assieme alla solidarietà della terra in Sud America e la necessità del marxismo per una vera liberazione) potessero essere ridotti a due soltanto. Lo ha spiegato benissimo il filosofo ed ex ministro Rocco Buttiglione in una lunga intervista alla Fondazione Giovanni Paolo II proprio ricordando il rapporto tra padre Gutiérrez e la Teologia della Liberazione: andando ospite alla Conferenza dei vescovi latino-americani a Puebla nel 1978, Papa Wojtyla riconobbe che l’annuncio cristiano è essenzialmente l’annuncio di una liberazione e non può essere astratta ma incarnata nella storia di ogni popolo. Di contro, corresse la via estremista comunista “avviata” da quella teologia dicendo che il vero povero non è il “proletario di Marx” ma «un povero profondamente segnato dall’evangelizzazione che gli ha dato la dignità e il senso della vita». Ed è proprio quel povero cristiano ad essere il protagonista del Vangelo, e non ‘secondo Marx’, in grado di condurre la lotta per la liberazione anche in Sud America contro le ingiustizie: un cuore cristiano al posto di un cuore “comunista”, questa la proposta della Chiesa che seppe correggere (non senza durezze) l’iniziale via della Teologia “latina”. «C’è bisogno della lotta per la liberazione ma segnata dal rispetto di ogni persona umana e che rifugge la violenza e la lotta armata e allora non è compatibile con la guerriglia», ricordava nel 2019 Buttiglione riportando l’insegnamento del grande Pontefice polacco.