“PERCHÈ SERVONO 5 SÌ AI REFERENDUM SULLA GIUSTIZIA”: PARLA GUZZETTA

Secondo il giurista e costituzionalista Giovanni Guzzetta, il prossimo 12 giugno servono tutti e 5 i Sì al Referendum abrogativi sulla giustizia: intervistato da “Libero Quotidiano”, il professore contesta subito il motivo principale del “No” ai quesiti organizzati da Lega e Radicali. «Quesiti troppo complessi per gli elettori? È una concezione aristocratica, contraria all’idea della democrazia. Cosa facciamo allora, limitiamo il diritto di voto ai saggi?».



Per il professore ordinario di Diritto Pubblico all’Università Roma Tor Vergata, serve un “plebiscito” di Sì per il voto del 12 giugno, anche se sarà assai complicato visto ancora oggi la generale “non conoscenza” delle votazioni che si terranno tra meno di 15 giorni. Guzzetta con Carlo Nordio e altri giuristi-magistrati-analisti hanno fondato il Comitato “Sì per la Libertà, Sì per la Giustizia” e da tempo va in giro illustrando il perché convenga a tutti il Sì ai 5 quesiti sul Referendum. Abrogazione decreto Severino; riforma Csm; valutazione dei magistrati; separazione delle carriere; misure cautelari: su questi 5 punti si determina o meno un epocale cambiamento nelle regole della giustizia in Italia, per questo vale la pena capire da vicino di che si tratta effettivamente. «La Legge Severino (scheda rossa, ndr) è un esempio degli effetti della cultura giustizialista», attacca Guzzetta su “Libero”, «un sindaco o un presidente di Regione o un consigliere innocente, magari dell’opposizione, può essere sospeso dal proprio incarico e avere la credibilità distrutta anche solo per una sentenza provvisoria e per tutto il tempo che ci vorrà, cioè anni, per vedere dichiarata la propria innocenza». Per il quesito sulla custodia cautelare (scheda arancione), se dovesse vincere il Sì, non verrebbe ovviamente eliminata la misura cautelare preventiva né avvedrebbe – secondo Giovanni Guzzetta – quanto avverte Giorgia Meloni, che sul quesito n. 2 voterà No: «non è affatto vero che impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni. Rispetto a queste preoccupazioni della Meloni, il referendum è assolutamente ininfluente».



GIOVANNI GUZZETTA (COSTITUZIONALISTA): “LA RAI NON INFORMA A DOVERE”

Il giurista passa poi all’analisi del Referendum sulla separazione delle funzioni dei magistrati (scheda gialla), autentico cavallo di battaglia per i garantisti non da oggi: «Il referendum chiede, in sostanza, che chi sostiene l’accusa non possa poi diventare giudice e viceversa. Il fatto che oggi questo possa accadere altera l’equidistanza dal giudice, che può essere stato o potrebbe diventare a sua volta pubblico ministero».

In questo quesito non v’è nessuna “sottoposizione” dei giudici al Governo, come paventano i sostenitori del No: «stanno usando le stesse critiche ingiustificate che Giovanni Falcone temeva allorché sostenne l’opportunità della separazione». Per il quesito in scheda verde, la riforma del Csm, secondo Guzzetta non basterà il Sì al Referendum: «Ma conseguirebbe un risultato concreto molto importante: chiunque potrebbe candidarsi al Csm, non solo chi gode dell’appoggio dei gruppi organizzati». Infine il quesito sulla valutazione dei magistrati (scheda grigia) atto a consentire che i giudici vengano giudicati non solo dai loro colleghi ma anche dimembri “laici”, come avvocati e giuristi universitari: «Anm si oppone? I sostenitori del “No”, quindi, dovrebbero spiegare perché quella soluzione “mista” che il costituente ha voluto per il centro non possa valere anche in periferia. Oltre al rischio di un pregiudizio negativo degli avvocati verso i magistrati, infatti, c’è quello di un pregiudizio positivo, per ragioni corporative, dei magistrati che valutano da soli i propri colleghi». Al di là di come finiranno i singoli quesiti referendari, ciò che contesta Giovanni Guzzetta in chiusura è la scarsa informazione e “pubblicità” negli scorsi mesi sui 5 Referendum del 12 giugno: «deluso dalla Rai? La scarsità dell’informazione sui referendum è evidente. Faccia due passi per strada e chieda a chi incontra non cosa intende votare o se ha capito il quesito, ma se conosce il fatto, molto semplice, che il 12 giugno si vota per quei cinque referendum sulla giustizia. È questo il problema, altro che la complessità».