Elezioni Usa. Un testa a testa che ha sovvertito i pronostici dei sondaggi, con entrambi i candidati, Donald Trump e Joe Biden, che si dichiarano vincitori e un’incertezza che potrebbe durare alcuni giorni e sfociare persino in una battaglia legale davanti alla Corte Suprema. Le elezioni Usa 2020 regalano un quadro inaspettato e per certi versi inedito, le cui conseguenze non rimangono certo confinate negli Stati Uniti, ma si diramano nel resto del mondo, come ci ricorda Domenico Lombardi, ex consigliere economico del Fondo monetario internazionale.



Come commenta questo risultato, che ha smentito le previsioni?

La prevista onda blu non c’è stata e credo che il dato più importante che emerge sia quello di una società americana sempre più polarizzata. Non a causa di Trump, che ha anzi piuttosto dato voce ad ampi settori della società americana, che si sentono disenfranchised (nel senso di non più parte, o addirittura traditi dal sistema). Sarebbe un errore continuare a mostrificare l’elettorato dell’attuale Presidente, che corrisponde a quasi metà della società americana. Penso quindi che chiunque vincerà dovrà inevitabilmente porsi il problema della ricomposizione sociale. E questo è tanto più importante se si pensa ai due rami parlamentari.



Cosa intende dire?

Non bisogna dimenticare che si è votato anche per il rinnovo della Camera dei rappresentanti e di un terzo del Senato. Se alla Casa Bianca andasse Biden e i democratici avessero le maggioranza nelle due Camere, la polarizzazione della società americana verrebbe accentuata, perché il neo Presidente sarebbe spalleggiato dalla sua maggioranza parlamentare.

Sarebbe quindi migliore una situazione con il Presidente espressione di un partito e il Parlamento dell’altro?

Chiaramente in questo caso aumenterebbe la conflittualità apparente del dibattito politico, ma paradossalmente ci potrebbe essere la premessa per una ricomposizione, ci sarebbe la necessità di ricercare un compromesso nella sede più idonea per farlo, il Parlamento. Questo potrebbe essere importante per specifici provvedimenti, come le nuove misure di sostegno all’economia che, a causa della contrapposizione crescente tra democratici e repubblicani a ridosso delle elezioni, non si è riusciti ad approvare nelle ultime settimane, nonostante il primo set di misure sia stato particolarmente efficace, specie se comparato con le analoghe iniziative assunte dal nostro Governo.



Queste misure hanno funzionato davvero?

In Europa i media ci descrivono un’economia americana fuori controllo a causa della pandemia. In realtà, le conseguenze economiche del Covid sono state arginate con relativa efficacia, tanto è vero che al crollo del Pil del secondo trimestre è seguita una ripresa significativa nel corso del terzo al punto che il Fondo monetario internazionale prevede per l’anno in corso una contrazione finale del 4% circa. In alcuni Paesi europei, come l’Italia, si arriva invece ai crolli in doppia cifra. Negli Stati Uniti c’è una tenuta favorita da una riduzione contenuta della spesa per consumi privati e degli investimenti, oltre che dall’ampliamento significativo della spesa pubblica.

Si ipotizza un verdetto elettorale tra qualche giorno o persino una battaglia legale per determinare il vincitore. Che peso potrebbe avere il protrarsi di questa incertezza?

Questo è un aspetto che deve effettivamente destare preoccupazione, anche perché una delle situazioni che non viene premiata sui mercati è proprio l’incertezza. Soprattutto in un momento in cui le principali Banche centrali sono riuscite a calmierare gli effetti della pandemia potrebbero generarsi degli elementi di tensione, che, considerando il ruolo che gli Stati Uniti hanno nell’economia e nella finanza internazionale, avrebbero ripercussioni a livello globale.

Le banche centrali potrebbero a quel punto dover intervenire per calmierare questa incertezza?

Se effettivamente la situazione di stallo dovesse protrarsi, un’iniziativa delle banche centrali non potrebbe essere esclusa, a partire proprio dalla Riserva federale americana che negli anni ha mostrato una significativa capacità nell’adattarsi alle situazioni più mutevoli.

Se invece si riuscisse ad avere in tempi brevi il nome del nuovo Presidente, cosa cambierebbe per l’economia globale nel caso di vittoria di Trump o Biden?

In realtà, nonostante tutta la retorica mediatica volta a mostrare differenze tra i due candidati, cambierebbe poco su un punto fondamentale: la necessità di contrastare la Cina, che minaccia la supremazia economia e tecnologica mondiale degli Usa. In tal senso, un’eventuale presidenza Biden raccoglierebbe un’eredità importante del suo predecesore. Gli Stati Uniti, per raggiungere questo obiettivo, hanno però bisogno di far leva sull’Europa. Una convergenza euro-atlantica è una delle condizioni necessarie per arginare le ambizioni di supremazia globale cinesi. Chiunque sarà alla Casa Bianca, a maggior ragione se ci fosse Trump forte di una riconferma, chiederà una maggiore lealtà e coerenza da parte degli alleati europei, in particolare a Italia e Germania.

Perché in particolare a questi due Paesi?

Perché essi hanno goduto di una certa indulgenza da parte della Casa Bianca e di ampi settori dell’apparato americano che non erano perfettamente in linea con il Presidente, che si è tradotta in un’ambivalenza da questi stessi Paesi sfruttata per ritagliarsi un’interazione di carattere strategico con la Cina. Pensiamo all’atteggiamento dell’Italia rispetto al 5G o al progetto della Nuova Via della Seta o della Germania che, a fronte di una relazione apparentemente forte con l’alleato americano, ha in parallelo costruito un rapporto con Pechino che ha garantito alle sue imprese un accesso privilegiato su un mercato da 1,4 miliardi di consumatori. Trump o Biden lavoreranno per ridurre questi spazi di ambivalenza. Ovviamente, per l’Italia il rapporto con gli Stati Uniti rimane, a mio avviso, il perno fondamentale della nostra protezione internazionale, politicamente ed economicamente.

Per quanto riguarda invece l’economia interna ci sarebbero differenze a seconda della vittoria dell’uno o dell’altro candidato?

L’Amministrazione Trump ha posto in essere un pacchetto di aiuti molto efficace, con un rafforzamento significativo dei sussidi di disoccupazione e l’erogazione tempestiva di risorse a fondo perduto ai piccoli operatori economici. Come detto prima, questo è stato all’origine di una contrazione economica contenuta. Tra l’altro la pandemia negli Usa ha dato un ulteriore impulso alla digitalizzazione e alla semplificazione, con un conseguente aumento di efficienza. La nuova Amministrazione dovrà auspicabilmente inserirsi in questo solco. Anche se a vincere fosse Biden non potrebbe non tenere conto della situazione ereditata, a partire da una società sempre più polarizzata come lo spoglio dei voti in queste ore non manca di ricordarci.

(Lorenzo Torrisi)