Per sei lunghi anni una madre di Ancona ha minacciato, insultato e più volte picchiato il figlio 11enne più volte finito in ospedale, con un impianto vessatorio che si sarebbe esteso fino alla psiche della giovanissima vittima: questo è il quadro che emerge da un processo che si è appena concluso e nel quale – pur continuando a negare la ricostruzione fatta dagli inquirenti – la donna 40enne ha deciso di patteggiare 1 anno e 8 mesi di reclusione con pena sospesa con un rito abbreviato scelto appositamente per evitare di causare ulteriore stress al bimbo 11enne.



Facendo un passetto indietro per recuperare quanto ricostruito durante il processo ad Ancona, dobbiamo tornare al periodo tra il 2022 e il 2023 in cui madre e padre della vittima erano al centro di un complicato divorzio che li aveva costretti a vivere in case separate: il piccolo rimase con la madre che fin da subito iniziò la sua opera vessatoria con uno spintone nel quale il figlio aveva sbattuto violentemente la testa contro un rubinetto causandogli un trauma cranico che gli valse otto giorni di prognosi; il tutto con la scusa che fosse caduto dal monopattino.



Tra l’accusa dell’11enne e la difesa della madre: cosa è successo ad Ancona

Da quel momento per l’11enne sarebbe iniziato il periodo più complesso, nel corso del quale è finito in ospedale almeno un’altra volta – questa con una prognosi di 10 giorni – con lesioni multiple in parte causate da un tentativo di strangolamento e da alcuni morsi assestati dalla madre al figlio prima di buttarlo violentemente a terra; senza dilungarci troppo sui numerosi episodi in cui i calci, gli schiaffi e i pugni inflitti dalla donna non avrebbero causato danni tali da portare il piccolo al pronto soccorso.



Secondo l’accusa, tutto l’ampio impianto di vessazioni messo in piedi dalla donna si sarebbe esteso fino alla sfera emotiva e psicologica dell’11enne che era solito sentirsi appellare con il nome di “Satana” e ripetere che “hai il demonio dentro, non ti meriti nulla e non ti voglio”, contando anche le frequenti e numerose minacce di morte; mentre dal conto suo la difesa della 40enne ha negato ogni tipo di violenza nei confronti del figlio, relegando l’accaduto alla separazione e alla complessa situazione familiare in cui si era trovato costretto a vivere, scegliendo il rito abbreviato – come dicevamo già prima – per evitare ulteriori traumi al figlio.