Halloween 2024. “Un giorno dopo l’altro/ il tempo se ne va” cantava Luigi Tenco. Si comincia sempre così, con poco. Un particolare da nulla, una virgola nascosta, una quisquiglia appena, come direbbe Totò, che prendeva dritto dritto da Dante. È così che si capovolge il mondo, un giorno dopo l’altro, mica con le rivoluzioni armate che spaventano i più e son passate di moda. All’inizio era “la notte dei Santi”, come dice il significato della parola scozzese da cui deriva Halloween. Roba di mille anni fa: i bambini bussavano alle povere case chiedendo un biscotto o una caramella in cambio di preghiere per i loro defunti. Preci di bimbi quando ancora s’accontentavano di poco, un modo innocente per esorcizzare la morte. Col tempo i dolcetti sono rimasti, ma le preghiere sono state sostituite dagli “scherzetti” perché senza la speranza nell’Aldilà la morte fa ancora più paura. Al punto che se ne parla solo in chiesa, quando se ne parla, o sui giornali, ma lì è tutt’altra cosa. Spettacolo da regalare in pasto a un’opinione pubblica assuefatta a tutto, carneficine da cronaca nera o di guerra comprese.



Così il 31 ottobre un vecchio cimitero, seppure abbandonato, diventa lo sfondo per messe in scena dove pullulano fantasmi e zucche vuote (succede a Viggiù, provincia di Varese) e perfino gli oratori di mezza Italia ospitano festicciole a base di mascherate horror coi parroci, ahimè, che si voltano dall’altra parte. La diocesi di Milano propone, con intelligente alternativa, un pellegrinaggio serale sulle orme del beato Carlo Acutis e c’è chi sceglie una via di mezzo come la notte in maschera, ma vestiti da santi. Come dire che la confusione regna sovrana e allora si salvi chi può.



Demonizzare Halloween non serve a convincere gli indecisi, figuriamoci gli altri che paiono essere la maggioranza. Svuotare di significato le ricorrenze cristiane è, del resto, un esercizio che arriva da lontano (scomodiamo pure la Rivoluzione francese oppure quella russa): basti pensare a Natale che è diventata la festa dei regali o Pasqua che è solo la data di inizio del primo step di vacanze che culmineranno a Ferragosto (mica all’Assunta). Non parliamo del resto. Qui si svuotano Ognissanti e defunti come si fa con le zucche, si mettono le candele e si butta via la polpa, cioè la parte migliore.



A rimetterci sono anzitutto i più piccoli, facili ad arrendersi a proposte che vedono con occhi innocenti. Ma gli adulti? “Forse è vero che per i bambini è una serata per ironizzare e affrontare le proprie paure, però noi adulti che coscienza ne abbiamo? – mi dice un’amica che non ci sta a questa carnevalata fuori stagione -. Non riesco a vietare a mio figlio, dieci anni, la festicciola con i suoi amici: ci vanno tutti. Però ha chiaro che si tratta di una festa pagana e che noi in famiglia ricordiamo i Santi e i morti. Ho detto la mia sul gruppetto Whatsapp di Halloween (sì, c’è anche questo!) e nessuno mi ha risposto. Non che la cosa mi turbi, però rimango stranita dalle energie, le spese, l’organizzazione che ha preso i genitori e che non mettono neanche a Natale. Eppure è lì che l’uomo è salvo per sempre. Oltre la morte”.

Intanto, un giorno dopo l’altro, la vita se ne va e quando arriva l’ultimo, quello decisivo, non sappiamo cosa fare (i palloncini colorati liberati in cielo dopo un funerale, la canzone rocchettara preferita dal defunto, la sciarpa della sua squadra di calcio a coprire il crocifisso sulla bara: avete presente?). Perché palloncini, canzoncine e sciarpe non bastano a dare senso alla morte. E nemmeno le zucche, naturalmente, specie se vuote.

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