“È guerra e la vinceremo”, ha affermato Benjamin Netanyahu dopo l’arrivo in massa di missili nel suo Paese. Hamas, nel giorno della festa ebraica dello Yom Kippur, ha sferrato un attacco non soltanto a difesa della striscia di Gaza, ma contro Israele stesso. Una escalation a sorpresa per un conflitto che va avanti da decenni. In particolare, dal 2007, quando l’organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista di estrema destra ha vinto le elezioni con circa il 44% dei voti e ha preso controllo del territorio conteso, mettendo in atto molti principi della sharia.
Hamas (acronimo di Harakat al-Muqawama al-Islamiyya), dalla sua fondazione avvenuta nel 1987 ad opera dello sceicco Ahmed Yassin, non ha d’altronde mai abbandonato l’idea di creare uno Stato islamico in Palestina e di distruggere Israele: “Il Movimento di Resistenza Islamico crede che la terra di Palestina sia un bene inalienabile, terra islamica affidata alle generazioni dell’Islam fino al giorno della resurrezione. Non è accettabile rinunciare ad alcuna parte di essa. Nessuno ha il diritto di disporre o di cedere anche un singolo pezzo di essa”, si legge nell’articolo 11 dello statuto. Esso è stato abrogato nel 2017, ma i principi non sono cambiati.
Hamas, il gruppo politico palestinese contro Israele: vuole creare uno Stato islamico. La risposta di Netanyahu
Benjamin Netanyahu, Primo Ministro di Israele, nei suoi diversi mandati, ha dovuto sempre fare i conti con la lotta contro Hamas nella striscia di Gaza. Nel 2012, ad esempio, diede prima l’ordine di uccidere Ahmed al Jabari, uno degli uomini più importanti delle Brigate al Qassam, il braccio militare dell’organizzazione, con un omicidio mirato. Successivamente fece partire l’Operazione Pilastro di difesa, con giorni e giorni di bombardamenti. Il tutto poco prima delle elezioni che lo avrebbero visto vincere nuovamente.
Adesso il capo di Stato, a distanza di 75 anni dalla fondazione di Israele, è pronto a scendere in campo in un vero e proprio conflitto, anche se non è più un leader in ascesa come in passato e non gode del pieno sostegno americano come era avvenuto col Governo di Barack Obama. “Il nemico pagherà un prezzo che non ha mai dovuto pagare. Vinceremo”, ha affermato con sicurezza. La storia, però, è ancora tutta da scrivere.