Parla chiaro John Allen, ex generale dei Marines USA e anche ex comandante della Nato in Afghanistan, quando sulle pagine del Corriere enuncia che Hamas, con l’inasprirsi della guerra contro Israele a Gaza, non sarà eliminato ma, al contrario, crescerà. Forse non subito, è vero, ma è chiaro che, da un lato, “nessuno può sapere quanti combattenti siano stati effettivamente uccisi” e, dall’altro, che “l’offensiva israeliana ha radicalizzato una vasta fetta di popolazione araba e musulmana”.
Il risentimento nei confronti di Israele cresce e, così facendo, secondo Allen, rinfoltisce le file di Hamas, che seppur non uscirà dal conflitto rinforzato, non potrà comunque essere eliminato. “Israele”, avverte il generale, “deve confrontarsi con la realtà e capire che non ci può essere una vittoria finale” diversa dalla “distruzione di Gaza”. Un confronto che Israele dovrebbe fare anche rispetto all’ingresso a Rafah, considerato l’ultimo baluardo di Hamas, perché “nessuno sosterrà” la missione, e se “Netanyahu dovesse scegliere di farlo, non è da escludere una frattura profonda nelle relazioni con gli Stati Uniti“.
John Allen: “L’ingresso a Rafah sarebbe una catastrofe umanitaria”
L’ingresso a Rafah, inoltre, secondo Allen, non avrà l’effetto di distruggere Hamas, come Israele auspica, ma solo quello di “danneggiare gli israeliani, i palestinesi e le relazioni tra lo Stato ebraico e i suoi alleati”. La situazione a Gaza, infatti, è disperata e l’attacco “provocherebbe una catastrofe umanitaria“. Già ora, infatti, per fornire assistenza ai palestinesi il generale crede che sia necessario “un impegno a livello globale” portato avanti dagli Stati Uniti è che probabilmente è già oggetto di trattative.
Oltre ad Hamas, però, il generale Allen esclude l’idea che Israele possa subire un qualche attacco da parte di Hezbollah nel Nord, dal Libano, perché lo Stato ebraico “ha fatto capire chiaramente che, nel caso in cui si aprisse un fronte nord, le operazioni a Gaza verrebbero interrotte per concentrarsi lì” con la conseguenza che i miliziani libanesi subirebbero ingenti perdite. Queste, inoltre, si rifletterebbero ovviamente sull’Iran, “che sostiene Hezbollah” e “sa bene che gli Stati Uniti sarebbero pronti a intervenire”.