Si chiama Amit Soussana il primo ostaggio liberato dalla Striscia di Gaza a parlare pubblicamente, raccontando gli abusi sessuali subiti per mano dei terroristi islamici durante i suoi 55 giorni di prigionia. La donna, un’avvocatessa 40enne, ha delineato un quadro di botte, torture e violenze sessuali subite da Hamas dal 7 ottobre, il giorno in cui fu rapita dal kibbutz Kfar Aza, a 2 chilometri e mezzo da Gaza. La sua casa è stata incendiata e lei portata via da 10 terroristi, contro i quali ha lottato con tutte le sue forze. “Non volevo lasciare che mi portassero a Gaza come un oggetto, senza combattere” ha raccontato al Nyt, che ha raccolto la sua testimonianza. La donna, rinchiusa in una casa, ferita e incatenata alla caviglia, ha trascorso le prime due settimane e mezzo con il suo carceriere, Muhammad.
Il suo rapitore dormiva nella stanza a fianco, ma entrava nella sua all’improvviso in mutande, proponendole dei massaggi e chiedendole cose sulla sua vita sessuale. “Tutti i giorni mi chiedeva: hai avuto il ciclo? Ti è venuto il ciclo? Quando avrai il ciclo – diceva – quando sarà finito, ti laverai, farai la doccia e laverai i tuoi vestiti”, ha ricordato Amit. Quel mese, durante il rapimento, a causa dello shock e della fame le mestruazioni le sono durate appena un giorno, ma Amit ha finto che fosse una settimana per non subire abusi sessuali. Alla fine, però, non ha potuto più mentire, fino al giorno dell’aggressione sessuale.
Amit Soussana, la violenza subita da Hans: “Mi dava pugni e…”
Amit Soussana, rapita da Hamas il 7 ottobre, racconta della violenza sessuale subita a Gaza. Muhammad, il suo carceriere, le ha chiesto di lavarsi con acqua calda, ordinandole di tenere aperta la porta del bagno. “Mi diceva: presto, fai presto” rivela al Nyt. Poi è entrato in bagno mentre lei era nuda e le ha puntato l’arma sul volto. “Mi ha fatto sedere sul bordo della vasca. E io ho chiuso le gambe. E ho resistito. E lui continuava a darmi pugni e a puntarmi la pistola in faccia” rivela la donna. “Poi mi ha trascinato in camera da letto” costringendola ad una violenza sessuale. Poi l’ha lasciata senza vestiti, al buio, nella stanza.
Probabilmente preso dal rimorso, poi, l’uomo è tornato dicendo: “Sono cattivo, sono cattivo, per favore non dirlo a Israele“. Qualche giorno dopo Amit è stata portata in un’altra abitazione, dove un miliziano viveva con la sua famiglia. Lì si trovavano anche 4 ostaggi, due ragazze e due anziani. I nuovi rapitori le hanno avvolto la testa in una maglietta, costringendola a sedersi sul pavimento: hanno poi iniziato a picchiarla con il calcio di una pistola, per poi a prenderla a calci sulle piante dei piedi, chiedendole informazioni. “È stato così per circa 45 minuti. Mi picchiavano, ridevano e mi prendevano a calci, e chiamavano gli altri ostaggi perché mi vedessero” rivela. Qualche settimana dopo, il trasferimento in un tunnel, piccolo e umido: dopo 55 giorni, Amit è stata rilasciata.