Harvard ha stanziato un fondo di 100 milioni di dollari per “cancellare” i legami instaurati con la schiavitù nella storia. L’Università, che sta portando avanti il progetto insieme ad altri istituti, ha ammesso di avere una pesante eredità su questo tema.

Un rapporto realizzato da un Comitato creato ad hoc, infatti, ha rivelato che dalla sua nascita fino al 1783, quando la Corte Suprema Giudiziaria non lo dichiarò incostituzionale, quindi per circa 150 anni, l’Università ha fatto ampio uso di persone ridotte in schiavitù, che hanno lavorato nel campus supportando studenti, docenti e dirigenti. L’istituto, in sostanza, si è arricchito grazie a questa pratica. C’è, però, di più. La presenza di afroamericani fu strettamente limitata da discriminazioni fino ad alcuni decenni oltre il 1865, quando venne introdotto il tredicesimo emendamento.



Harvard, 100 milioni per “cancellare” legami con schiavitù: la lettera di Lawrence Bacow

Ad annunciare l’istituzione di un fondo di 100 milioni di dollari utili a “cancellare” i legami di Harvard con la schiavitù è stato il presidente Lawrence Bacow attraverso una lunga lettera. “Oggi siamo una comunità molto migliore, più interessante e più forte proprio in virtù della nostra diversità. Questo però non deve oscurare il passato. L’eredità della schiavitù continua a influenzare il mondo. Poiché l’Università ha beneficiato di queste pratiche profondamente immorali, abbiamo la responsabilità morale di fare il possibile per affrontare i persistenti effetti corrosivi che ha avuto sulla società”.



Il rapporto redatto dal Comitato, oltre a presentare i risultati della ricerca, espone una serie di raccomandazioni su come si può riparare, attraverso l’insegnamento, la ricerca e il servizio, ai lasciti con la schiavitù. È affinché queste linee guida possano essere attuate in un futuro imminente che si è deciso di stanziare una somma così consistente. “Alcuni di questi fondi saranno disponibili per l’uso corrente, mentre il resto sarà trattenuto in una dotazione per sostenere questo lavoro nel tempo”, ha concluso.

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