Aumentano le pressioni sulla presidente di Harvard, Claudine Gay, dopo le accuse di plagio e la rabbia per la sua gestione dell’antisemitismo e delle minacce agli studenti ebrei, che hanno scatenato la rivolta dei donatori. Sulla scia delle richiesta di dimissioni, un numero crescente di docenti si sta rivolgendo agli altri 11 membri del potente consiglio di amministrazione che gestisce l’università americana. Alcuni chiedono che i membri della Harvard Corporation si dimettano o si scusino, mentre un professore ha persino proposto al governatore del Massachusetts una nuova struttura di governance per la scuola che darebbe ai legislatori la possibilità di nominare un membro del consiglio che rappresenti l’interesse pubblico, riporta il Wall Street Journal. Di fatto, quella che è una delle più grandi e ricche università di ricerca del mondo, con una dotazione di oltre 50 miliardi di dollari, sta subendo un contraccolpo non indifferente, non solo a livello di immagine.
I problemi sono cominciati a giugno, quando la Corte Suprema ha dichiarato incostituzionali le preferenze razziali che Harvard utilizzava da tempo nelle sue pratiche di ammissione. Poi ad ottobre, con la guerra in Medio Oriente, oltre 30 organizzazioni studentesche di Harvard hanno attribuito la responsabilità della violenza di Hamas al trattamento riservato da Israele ai palestinesi nel corso dei decenni. Ma la presidente Claudine Gay ha ignorato la questione, limitandosi poi a condannare Hamas e a chiedere alla comunità di non infiammare il dibattito. All’inizio di dicembre, Gay si è unito ai presidenti del Massachusetts Institute of Technology e dell’Università della Pennsylvania per testimoniare davanti a una commissione parlamentare sull’antisemitismo nei loro campus. I tre si sono subito attirati le ire per non aver detto esplicitamente che invocare il genocidio del popolo ebraico sarebbe stato considerato una molestia secondo le politiche delle loro scuole.
TENSIONI NEL CDA DI HARVARD?
Anche se le pressioni per le dimissioni di Claudine Gay sono aumentate, anche da parte di oltre 70 membri del Congresso americano, più di 700 membri dell’università hanno firmato una petizione per sostenerla e chiedere che la Harvard Corporation non si pieghi alle pressioni esterne di Washington o dei donatori. A una settimana dall’audizione alla Camera, la Harvard Corporation ha rilasciato una dichiarazione in cui esprimeva il proprio sostegno alla Gay. Respinte anche le accuse di plagio: pur avendo riscontrato alcuni casi di citazioni errate in documenti accademici, la questione non era salita al livello di cattiva condotta di ricerca.
Nel frattempo, le domande di ammissione anticipata sono crollate del 17% quest’anno a conferma del danno d’immagine. Secondo il New York Times, da conversazioni private con donatori, professori e altri emergono segnali di tensioni tra i membri del consiglio. Alcune persone coinvolte in queste conversazioni hanno ammesso la necessità di affrontare le tempeste che si stanno abbattendo. I critici e i simpatizzanti che hanno cercato di consigliare privatamente il consiglio di amministrazione dicono che i membri hanno mostrato uno scarso slancio concreto verso il cambiamento del loro approccio.
LE OMBRE SULL’HARVARD CORPORATION
Il consiglio di amministrazione di Harvard è guidato da Penny Pritzker, che è stata una delle prime sostenitrici della presidenza di Barack Obama e ha poi ricoperto il ruolo di segretario al commercio sotto la sua amministrazione. Gli altri 10 membri, oltre alla presidente Claudine Gay, comprendono finanziatori relativamente sconosciuti, donatori, un ex giudice della Corte Suprema della California, l’ex amministratore delegato di American Express ed ex presidenti dell’Università di Princeton e dell’Amherst College. Il Consiglio si riunisce più volte all’anno e i suoi membri hanno un mandato di sei anni che può essere rinnovato una volta. Il modo in cui individua e sceglie i suoi membri resta un mistero. Quel che si sa è che i membri uscenti aiutano a scegliere i propri sostituti. I membri del consiglio non sono pagati per il loro ruolo. Ma l’approccio segreto e l’opacità del consiglio di amministrazione mettono in difficoltà anche coloro che in precedenza si erano stretti intorno alla presidente Gay.
“LE PRESSIONI PRIVATE DI OBAMA”
In questa intricata vicenda si inserisce anche Barack Obama, perché stando a quanto rivelato da Jewish Insider, l’ex presidente Usa avrebbe fatto «pressioni private» affinché la presidente Claudine Gay mantenesse il suo posto ad Harvard. «Ma la difesa di Gay da parte di Obama trascende quasi sicuramente la simpatia per le sue osservazioni e per gli studenti per i quali ha parlato, la preoccupazione per la stabilità di Harvard o il desiderio di difendere efficacemente un alleato politico, data la responsabilità di Pritzker nella presidenza di Gay», scrive il New York Post, secondo cui Obama starebbe «giocando per proteggere lo stesso regime DEI (Diversity and Inclusion, ndr)», già scosso dal contraccolpo contro il wokeismo e dalla sentenza della Corte Suprema contro l’azione affermativa nelle scuole.
Durissimo l’attacco di Benjamin Weingarten sul giornale americano, che infatti parla di «odio per Israele e per gli ebrei nei campus universitari» come di «un sottoprodotto naturale della DEI. L’ideologia, che affonda le sue radici nel marxismo culturale, divide il mondo in oppressori e oppressi, considerando la civiltà occidentale giudaico-cristiana e i suoi difensori come unicamente malvagi e Israele, l’ebreo collettivo – uno Stato la cui incarnazione moderna è emersa dall’Olocausto e ha prosperato nonostante i perpetui tentativi di distruzione da parte di vicini tirannici che odiano gli ebrei – come il più malvagio di tutti». Quindi, le dimissioni di Claudine Gay «potrebbero far crollare l’intero castello di carte che la sinistra, guidata da Barack Obama, ha contribuito a costruire».