Greenpeace ha presentato l’ottava edizione dell’ecoguida ai prodotti elettronici, sottolineando ancora una volta l’emergenza ambientale legata allo smaltimento dei rifiuti elettronici e all’impiego di sostanze chimiche nocive nella produzione di prodotti tecnologici come personal computer e cellulari. L’introduzione di nuovi criteri di valutazione quali l’impatto di questi dispositivi sui cambiamenti climatici, avverte Greenpeace, ha fatto perdere punti a tutte le 18 aziende prese in esame: solo Sony Ericsson e Sony hanno di poco superato la metà del punteggio massimo (10). Le aziende che hanno ottenuto un punteggio migliore in termini di efficienza energetica dei loro prodotti, in base agli standard “energy star”, fissati dall’Agenzia di protezione dell’ambiente degli Stati Uniti, sono Sony Ericsson e Apple. In ultima posizione si colloca la giapponese Nintendo , con un punteggio pari a 0,8 su un massimo di 10.
Attualmente, il settore rappresenta il 2 per cento delle emissioni mondiali di CO2 (“le stesse prodotte dall’aviazione”, aggiunge Greenpeace) ma, se non si intervenisse tempestivamente su questo fronte il consumo energetico della Ue potrebbe aumentare anche del 25 per cento entro il 2012, con il conseguente aumento delle emissioni nonostante gli obiettivi fissati per le energie rinnovabili. Anche la Commissione europea ha difatti deciso di puntare sui prodotti e i servizi Ict, sottolineando l’importanza di produrre tecnologie eco-compatibili e il ruolo di queste ultime nel miglioramento dell’impatto umano sull’ambiente, con particolare riferimento all’emissione di CO2. Per Greenpeace, dunque, è essenziale che “una delle industrie più innovative e in crescita esponenziale”, si assuma la responsabilità di “combattere il cambiamento climatico attraverso la riduzione delle proprie emissioni di CO2 sia dirette che indirette” e diventi, anzi, leader in questa importantissima battaglia. Secondo l’Etno e il Wwf, un uso consapevole delle tecnologie ict potrebbe ridurre le emissioni di almeno 50 milioni di tonnellate all’anno entro il 2010.
L’Associazione ambientalista mondiale se la prende anche con l’iPhone. Il prodotto più discusso della Apple non è all’avanguardia nel rispetto dell’ambiente, anzi contiene componenti chimiche che altri produttori hanno o stanno per eliminare dai loro telefoni cellulari perché altamente inquinanti. La parte più incriminata è il settore inferiore di iPhone che contiene una percentuale altissimi di bromo, pari al 10 per cento del suo peso; male anche gli auricolari, realizzati con pvc con ftalati in una percentuale superiore all’1,5 per cento del loro peso. La Apple sostiene che il suo prodotto rispetta le direttive della normativa comunitaria denominata Restriction of Hazardous Substances directive (RoHS) e si impegna ad eliminare spontaneamente i componenti in pvc entro la fine del 2008.
Le accuse non si fermano all’iPhone, ma colpiscono anche i videogiochi. Attraverso il rapporto “Giochi sporchi”, Greenpeace parla dell’impegno da parte dei produttori di evitare o ridurre l’impiego di specifiche sostanze pericolose in alcuni materiali delle console. Nel caso di Nintendo, per esempio, le leghe di berillio non sono state identificate nei contatti elettrici di Wii ed è stato osservato un uso limitato di pvc e ftalati. La Playstation PS3 di Sony, invece, contiene circuiti stampati privi di bromo e la XBox 360 di Microsoft impiega, rispetto alle concorrenti, meno ritardanti di fiamma nelle custodie. Il rapporto dimostra chiaramente che è possibile fabbricare una console più verde. I produttori dovrebbero solo “sbirciare nella console concorrente per scoprire come sostituire i loro componenti pericolosi con materiali più sicuri”. Le console per videogiochi rappresentano, oggi, il settore più in crescita nell’industria elettronica: secondo Aesvi, l’Associazione editori software videoludico italiana, in Italia, nel 2007 sono state vendute 5 console al minuto per un totale di circa 2.380.000 piattaforme dedicate, con un incremento del 48 per cento. Più console uguale maggiori rifiuti elettronici. Un pericolo che Greenpeace vuole scongiurare con i consigli pratici contenuti nel suo rapporto.
(Marino Petrelli)