Il profilo dell’utente Facebook aggiunge una nuova opzione. Per il momento già operativa solo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sarà possibile in breve tempo anche nel nostro Paese aggiungere un dato relativo alla propria identità. Quello di “donatore di organi”. Il fondatore e proprietario del social network, Mark Zuckenberg, ha definito l’iniziativa un modo per contribuire a risolvere il grande problema della donazione degli organi. Un problema sempre molto pressante dato che secondo certi dati ogni anno morirebbero 7mila persone al mondo a causa di mancanza di organi da trapiantare. Se alcuni esponenti del mondo medico stanno esultando alla notizia  (“Una giornata storica” quella dell’introduzione dello status di “donatore di organi” l’ha definita il responsabile dei trapianti del John Hopkins Hospital negli Stati Uniti), c’è chi si domanda se invece un argomento così delicato meritava di essere sbandierato ai circa 900 milioni di iscritti di Facebook. Per il professor Andrea Stazi contattato da IlSussidiario.net l’iniziativa di Zuckerberg è “da un lato positiva in quanto può dare un contributo alla discussione sull’informazione di un tema così importante come il trapianto degli organi”. Da un altro punto di vista però avverte Stazi “esiste tutta una normativa europea e nazionale che tutela la privacy del donatore e del ricevente. Donare organi è una decisione forte che incide molto sulla persona che lo fa, e iniziative come queste invece potrebbero dimostrarsi nocive e anche discriminatorie sul piano personale e professionale”.



Come giudica la decisione di Facebook di dare la possibilità di identificarsi come donatore di organi?

Credo che da una parte la finalità, stando alle dichiarazioni rilasciate dai responsabili, possa risultare positiva nel dare un contributo alla discussione sull’informazione di un tema così importante. Si sa quante persone sono in attesa di un trapianto in tutto il mondo.



Ritiene ci sia un altro aspetto?

Sì, perché da un’altra parte è evidente l’intenzione della piattaforma di superare il confine del social network per andare a costituire uno strumento di informazioni globalizzata che consenta di reperire dati sull’individuo su un ambito ben più vasto. A costituire una sorta di alternativa ai motori di ricerca tradizionali che sono più mirati e più specifici e che naturalmente sono utili in termini pubblicitari. 

Dunque una mossa anche con scopi di sfruttamento.

Ultimamente, da quanto si deduce da Facebook, c’è la tendenza a tendere verso una ingegneria sociale, un social engineering come si dice in questo campo.



Cioè?

Il tradizionale concetto di social networking che sta alla base dei social network con il passare del tempo si sta allargando a un strumento di studio del comportamento individuale delle persone per avere più informazioni possibili su di loro. Esso può dare risultati utili, ma è anche uno strumento di uso del comportamento che sappiamo bene quanto sia utile a livello pubblicitario.

Non c’è il rischio di un attacco alla privacy della persona, con questa nuova possibilità di arricchire il proprio profilo su Facebook?

Diciamo che dal punto di vista strettamente giuridico, il provvedimento più importante che c’è a livello europeo è una direttiva del 2010, la numero 2010/53/UE, che interviene sul tema specifico delle norme sulla qualità e la sicurezza degli organi umani con finalità dei trapianti. In particolare l’articolo 16 rende evidente come la finalità della funzione dell’informazione su chi ha intenzione di essere donatore si vada a scontrare con un apparato normativo che è piuttosto restrittivo e dettagliato in materia.

Ci spieghi meglio.

La direttiva prevede che si è tenuti a tutelare il diritto alla protezione dei dati personali pienamente ed efficacemente in tutta l’attività che riguarda la donazione degli organi. Questo in conformità con le norme europee sulla protezione della privacy. In particolare che i dati elaborati e forniti dal soggetto siano custoditi in termini di riservatezza e sicurezza in modo che sembrerebbe invece diverso da quanto sta facendo Facebook. Che ci sia una tutela dell’identità del donatore e del ricevente. In sostanza il corpo normativo europeo si muove evidentemente in un’altra direzione rispetto a Facebook.

Le sembra giusto che si proceda in questo modo, a livello di normative?

Direi che situazioni così importanti come la donazione degli organi siano gestite meglio a livello pubblico, dove tutte le garanzie si possono pienamente rispettare. Non so quanto sia opportuno per una impresa privata andarsi sostituirsi al ruolo trascinatore che deve avere il pubblico. Piuttosto bisognerebbe ripensare le modalità migliori da parte del sistema pubblico per informare su questo tema nel miglior modo possibile.

Un tale tipo di informazione data pubblicamente su un social network potrebbe anche avere effetti discriminatori, non trova? Dividere tra buoni e cattivi, ad esempio.

Sono d’accordo. Potrebbe spingere all’effetto emulazione che da una parte può dare atto a discriminazioni anche in ambito professionale. Per questo si sono pensate tante norme  a tutela dei dati del ricevente, ma anche del donatore. Questo perché scegliere di donare organi  è una scelta forte che incide sul proprio generale stato di salute e non solo. Lo stesso nostro codice ha previsto una autorizzazione molto specifica e restrittiva. Si sostiene cioè che solo i soggetti abilitati possano usare certi dati e spinge a mantenere anonimi i dati di donatori e riceventi.  

In conclusione?

In conclusione esiste un principio generale sulla privacy nazionale ed europea che è diverso da questo pur interessante contributo che propone Facebook. Io credo che questo tipo di opzione vada valutata dalle autorità sulla privacy a livello europeo e nazionale. Ritengo anche però che l’importanza di questa novità sia a livello di contributo operativo come contributo al dibattito sul tema.