Malore di Giulio Andreotti: come hanno reagito i social network ieri alla classica notizia che è immediatamente schizzata tra le più trendy – come si dice – del giorno? In un modo che talvolta sembra caratterizzarne l’uso. Commenti ironici, nel migliore dei casi, altre volte fortemente insultanti. Che una personalità così centrale della vita di una nazione come Giulio Andreotti possa dare adito a commenti di questo tipo può anche essere comprensibile, meno se si pensa che la notizia in fondo era quella del malore e del rischio della vita di un uomo anziano . La domanda che viene spontanea di fronte al flusso enorme di parole che si usano sui social network in tali eventi è quanto essi riflettano una banalità, una tendenza all’insulto, al vuoto vociferare piuttosto che una vera utilità del mezzo stesso. Si assiste sui social network, in particolare su Twitter, nel caso di personaggi noti, a una sorta di utilizzo che scivola spesso nella banalità, social network che vengono oggi indicati come strumenti indispensabili, ma che riflettono una tendenza se così si può dire “al libero insulto”. Un dibattito che non è certo nuovo e che si interroga su tutta la realtà 2.0 che ormai sta intessendo la nostra vita quotidiana a livelli sempre più massicci. Secondo Luca De Biase, esperto di news media, contattato da IlSussidiario.net, quella che avviene all’interno di un social network è una conversazione che non risponde all’intera capacità relazionale umana. Sui social network, spiega De Biase, si tende a dare spazio soprattutto a certe cose: “La persona è molto più complessa della sua espressione sia che essa avvenga al bar che su di un social network”. Ogni social network poi, aggiunge, tende a indirizzare l’utente verso un certo tipo di comportamento: “Rimane il fatto che si tratta sempre o quasi di un tipo di utilizzo veloce e non approfondito che permette a volte comportamenti come quelli di cui si è accennato”.



Secondo lei il linguaggio che si usa nei social network riflette la vita reale, o piuttosto mezzi come Twitter tendono a influenzare la vita concreta? Quanto il loro utilizzo permette il dilagare in certi casi, di una banalità della comunicazione che finisce nell’insulto fine a se stesso?

Diciamo innanzitutto che nei social network l’interazione è piuttosto  a due direzioni. Certamente si riporta nei social network il modo in cui si parla nella vita reale però è vero che il social network incentiva certi comportamenti invece di altri e ogni social network ha diverse modalità, diversi caratteri incentivanti.



Ci spieghi meglio cosa intende.

Ci si comporta come si è. Però bisogna sottolineare come la persona sia molto più complessa della sua espressione sia che si trovi al bar che in un social network. L’ambiente del social network poi ha una influenza nel senso che favorisce certi comportamenti piuttosto che altri. 

Proviamo a fare degli esempi concreti. 

Se in un determinato social network il gioco è avere molti “like”, mi piace, come accade su Facebook, in qualche  modo ti trovi a essere obbligato a proporre agli altri cose che producono molti “like”. Per fare un esempio piuttosto che una discussione sulla teologia dello spirito è più facile mettere un video di Lady Gaga. Lo dimostra ad esempio una ricerca fatta dal sito specializzato di analisi e indagini della Rete, Human Highway: tendenzialmente le cose che si condividono sui social network  come Facebook vanno nella direzione delle celebrità, della cronaca nera, della politica intesa come fenomeno di discussione facile, ad esempio la casta o il finanziamento dei i partiti. Naturalmente su Facebook ci sono anche  delle importantissime campagne informative, che sono però delle fiammate molto brevi. Nella generalità delle giornate si tende ad argomenti facili e di uso molto comune.



Che dice invece di Twitter?

Twitter è vagamente più impegnato, non avendo un grande incentivo all’immediata reazione come i “like” di Facebook. Ha piuttosto una strategia  di lungo termine orientata ai followers che è il problema di Twitter come struttura incentivante. Quindi ne viene fuori una formula un po’ più variegata nella quale molti condividono cose relativamente serie, c’è un maggior orientamento alla serietà intesa come impegno o condivisione di contenuti un po’ impegnativi. Ci sono poi altri social network ancora come Quora, dove la gente si fa domande di un certo livello e risponde poi a tono. Ci sono quindi condizioni di contesto che favoriscono certi comportamenti piuttosto che altri.

Forse è per questo che Facebook e Twitter ottengono un tale successo di massa?

Il punto è che il modo di confrontarsi generalmente è veloce, orientato a condividere delle cose che possono essere interessanti al momento senza un approfondimento particolare. Certamente come dicevo ci sono dei contesti un po’ più orientati, che conducono a un comportamento più impegnato. In generale comunque stiamo parlando di una conversazione che non risponde all’intera capacità relazionale umana.

 

Cioè?

Si tende a dare spazio soprattutto a certe cose, teniamo presente che anche dietro a Wikipedia c’è un social network di persone che collaborano intorno a un progetto estremamente complesso come la nuova enciclopedia universale. Di fronte a quel progetto la loro relazione si configura in maniera molto diversa da quello che succede ad esempio su Facebook. Intanto perché le persone non compaiono poi il loro comportamento è portato a portare dei contenuti che avvicinano alla realizzazione del grande progetto comune. Se scrivi insulti vieni corretto, ci sono delle precise regole di comportamento.

 

Che previsione fa? Secondo lei i social network sono fenomeni destinati a durare nel tempo?

 

Sono dei grandi fenomeni che hanno rispettivamente circa 7 e 5 anni di vita, non mi azzarderei a dire cosa succederà fra dieci anni. L’evoluzione di queste piattaforme è veloce, i successi sono veloci così come sono veloci gli insuccessi. Prima di Facebook sembrava enorme il successo di Myspace poi  è stato superato. Prima di Myspace c’era Friendster ed è stato superato a sua volta da Myspace. Orcut era molto importante in Russia e in Brasile adesso è rimasto solo in Brasile e neanche tanto. Ci sono tanti fenomeni, perché c’è molta innovatività e molta reattività da parte dei fruitori e ci sono possibilità di cambiamento dello scenario relativamente ampie.

 

In conclusione: il socialnetwork per lei è un fenomeno positivo?

 

Più che definirlo positivo,  io le chiederei: è meglio un mondo nel quale c’è solo la televisione o meglio un mondo dove c’è la televisione e anche i social network? Sicuramente il secondo. E’ meglio un mondo dove c’è solo la la televisione e i social network o un mondo dove ci sono la televisione, i social network e anche i libri? Certamente questo ultimo.