Siamo di fronte a quella che può definirsi la fine di Atari. L’azienda regina del mercato videoludico agli inizi degli anni 80, è fallita. È arrivata nelle ultime ore la richiesta al tribunale di Manhattan di poter accedere al fatidico “Chapter 11”, per la separazione definitiva dalla casa madre francese. C’era sicuramente da aspettarselo vista la situazione non più rosea che già quattordici anni vedeva Atari in costante perdita. Le azioni, dal valore di 11 euro nel 2008, sono passate all’attuale, misero, singolo euro. Ciò a cui punterà a partire da oggi Atari Inc. è il ricco e fiorente mercato smartphone e tablet: l’obiettivo sarà quello di trovare nuovi investitori disposti a credere nel rilancio della trentennale azienda di videogiochi. Indiscutibile l’effetto che tutto ciò ha provocato sui milioni di appassionati in tutto il globo. Atari è storicamente conosciuta come l’azienda pioniera nel mondo dell’entertainment casalingo. Un ventennio di successi che va dagli inizi dei 70 sino agli anni 90, quando cominciò l’inesorabile declino. Difficile non menzionare titoli come Asteroids, Centipede, Lunar Lander ma sopratutto Pong, lanciato nel 1972 e considerato da molti il primo, vero videogioco della storia. Inizialmente i titoli prodotti si giocavano nelle sale giochi, ma con l’arrivo di Atari 2600, l’azienda francese cambiò per sempre il concetto di videogioco. Uscita nel 1977, il “computer da gioco” prodotto da Atari divenne presto sinonimo di console, così come è stato per il Walkman di Sony e l’iPod di Apple. Arriviamo al 1982, quando uscì sul mercato la seconda console Atari, la 5200, ben più potente e costosa della 2600. Ed ecco arrivare i primi flop, in primis Pac-Man, nel suo riadattamento per console casalinghe che deluse di gran lunga le aspettative di vendita dell’azienda; fu poi la volta di E.T. nel 1983, ispirato ovviamente al capolavoro di Steven Spielberg: in quell’occasione furono letteralmente buttate via milioni di cartucce prodotte e mai vendute. Fu l’inizio della fine, il fatturato passò da 3,2 miliardi annuali a 100 milioni nel giro di un paio d’anni: un calo del 97 per cento che costrinse la vendita dell’azienda a Warner, che la acquistò cambiandone politica e assetto. Successivamente, in tempi lontani dalla crisi, fu Nintendo ad aggiudicarsi Atari. Con l’arrivo degli anni 90, arrivò anche l’ultima, definitiva stoccata: la nuova console Sony, PlayStation e Sega (mescolate all’avvento dei Personal Computer da gioco) declassarono definitivamente l’azienda francese, mandandola nel baratro. Per intendere quanto Atari sia ormai lontana dall’attuale mondo videoludico, basta analizzare i dati del fatturato relativo al 2012, che rivelano come il 12 per cento degli incassi sia derivante dall’abbigliamento con il logo di Atari. 



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