David Gilmour, Roger Waters e Nick Mason si riuniscono, non per suonare, ma per suonarle. Una metafora che fa capire le intenzioni dei Pink Floyd, famosissimo gruppo rock inglese che a cavallo tra gli anni 70 e gli anni 80 ha stupito il mondo con capolavori del calibro di Dark Side of the Moon (del quale si festeggia quest’anno il quarantesimo compleanno dalla pubblicazione nel ’73) e Another Brick in the Wall. Fluido rosa imbufalito dicevamo, una notizia che giunge dall’editoriale apparso quest’oggi sul portale di USA Today, il quale racconta l’accusa del gruppo britannico nei confronti di Padonra e del sistema di gestione delle royalties adottato dalle webradio nel mercato della musica nel formato elettronico. “Per quasi tutti quelli che lavorano con la musica, è anche una questione di sopravvivenza economica“, si legge nelle righe redatte dai Pink Floyd. Stime che riportano al 90 per cento degli artisti presenti su tali piattaforme digitali che ricavano all’anno meno di 5mila dollari dalla distribuzione globale delle loro canzoni tutelate dal diritto d’autore: “Non possono permettersi la riduzione dell’85 per cento che Pandora ha chiesto al Congresso“. Il motivo per cui il gruppo inglese ha deciso di portare avanti questa campagna è proprio l’intenzione di Pandora, volta a tagliare ancor più le gambe ai gruppi che ne fanno parte. Per farlo, ha ricordato una petizione alla quale hanno preso parte oltre 130 band, con lo scopo di contrastare le mosse di Pandora, che ha recentemente annunciato l’acquisizione del piccolo broadcaster radiofonico KXMZ-FM. I tre musicisti hanno quindi accusato il programma di radio online di essere colpevole nel portare avanti ingannevoli missive elettroniche inviate agli artisti per chiedere il loro supporto: “Ovviamente, queste lettere non dicono alcunché sulla volontà di ridurre dell’85 per cento i compensi verso gli artisti“, concludono i Pink Floyd.



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