Con l’uscita del trailer di gameplay dell’atteso The Witcher 3: Wild Hunt, la domanda sorge quasi spontanea: quanto lavoro ci può essere dietro ad un videogioco simile? E per videogioco simile si intende un GDR. Ma non quelli che, ad oggi, vengono “catalogati” tali, ma che di GDR hanno ben poco, se non alcune componenti di crafting, livellamento del personaggio o missioni secondarie. Si parla di giochi come The Witcher, The Elder Scrolls, Final Fantasy, Zelda o perché no Dragon Age, che possono essere tranquillamente definite vere e proprie esperienze di vita. Ma non solo, anche gli appartenenti al sottobosco di genere, non necessariamente AAA come quelli appena citati. Insomma, monumenti al genere, ideati e realizzati nel corso di diversi anni che tengono il giocatore incollato per decine, se non centinaia di ore, al monitor del PC.



Certo, la direzione che il mercato videoludico sta prendendo, anzi, ha palesemente preso da ormai più di un lustro a questa parte, è quella di puntare sempre meno sulla qualità, abbracciando la quantità. Pensate che si è passati da un gioco all’anno a far uscire più titoli annuali appartenenti allo stesso brand. Un esempio su tutti è quello della saga di Assassin’s Creed, che dopo la doppia uscita dell’anno scorso quest’anno presenterà ben quattro videogioch: Victory ed i tre capitoli di Chronicles. Insomma, uno strazio. Basti pensare a quanto è la parentesi temporale in cui gli sviluppatori sono chiamati a creare il gioco. Inevitabile dunque che le migliorie tra un anno e l’altro siano con il contagocce.



Se c’è un genere pioniere e fiero protagonista di questa concezione di fare videogiochi, è quello dei first person shooter. Una tipologia che ha da sempre regalato grandi avventure come i Killzone, Wolfenstein, Crysis, Half-Life e tanti altri, ma che da qualche anno a questa parte è catalogata come quella brutta e cattiva. Solo perché gli sviluppatori, accodandosi furbescamente alla corrente di mercato, hanno deciso di puntare il più possibile su questo genere che, diciamolo, è francamente semplice da realizzare in quanto la profondità di trama e gli innumerevoli aspetti che compongono un videogioco sono messi da parte a favore di grafica, esplosioni e “spara a tutto ciò che si muove”. Vero anche che negli anni si è tentato di puntare su alcuni ibridi di genere: vie di mezzo fra gli sparatutto e gli RPG, in grado di vantare sia un gameplay dinamico, arricchito da una grafica eccellente, sia una storia profonda e strutturata. Tuttavia non vengono in mente grandi successi al di fuori di Far Cry, ritenuto comunque un genere a parte, quasi unico nel panorama videoludico.



Per cercare di rispondere alla domanda se sia meglio puntare sulla qualità dei GDR o sulla quantità degli sparatutto, è corso in aiuto lo youtuber Fabu, che con il suo video inerente proprio questo argomento tenta di dare un significato a tutto ciò. Meglio un genere come l’FPS, da poche ore e preso quasi solo per l’esperienza multigiocatore online o un GDR studiato e realizzato nel corso di anni ed anni, meno d’impatto ma che può sicuramente lasciare qualcosa in più al consumatore? A voi le risposte. (Fabio Giancristofaro)