Dopo quasi sei anni di sviluppo finalmente ci siamo: oggi, mercoledì 29 giugno uscirà per Xbox One e il 7 luglio approderà anche sulla piattaforma di Steam, “Inside”, seconda opera dei danesi Playdead, autori del bestseller indie “Limbo”, che tanto successo riscosse nel 2010. Il nuovo titolo, che possiamo sempre ascrivere alla categoria dei puzzle platform in ambiente 2,5D, mostra chiaramente una certa continuità con il gioco precedente sia nello stile grafico che nel gameplay, ma nel contempo lo arricchisce, introducendo caratteristiche inedite. Il plot fantascientifico ci proietta in un futuro a tinte cupe in cui domina una corporazione dedita a discutibili esperimenti genetici sugli esseri umani, che vengono strappati senza remore alle loro famiglie. Nella popolazione sembra esserci triste rassegnazione fino a quando l’oscuro progetto non va a coinvolgere un ragazzo che, dapprima solo e spaventato, troverà poi la forza e il coraggio per affrontare il complicato percorso che lo porterà sino al confronto con i vertici della corporazione per cercare di fermarla: quasi pleonastico aggiungere che saremo noi giocatori a vestire i suoi panni per realizzare l’impresa. 



Dalla sostanziale monocromia di Limbo si è passati ad alcuni colori in più anche se assai desaturati e con un tratto scuro sempre largamente dominante. Va registrato poi un ottimo uso della luce e degli effetti particellari oltre che un convincente lavoro sulle animazioni, ulteriormente rifinite in questi ultimi mesi. Altra innovazione importante è l’inquadratura che non è più fissa, ma dinamica e dona anche un maggior senso della profondità. Diversi filmati diffusi durante l’ultimo E3 svoltosi a Los Angeles dal 14 al 16 giugno scorso, ci hanno mostrato sezioni con ambientazioni differenti come una foresta, un grande complesso industriale, una città e perfino un sottomarino. Molto buona è parsa nelle anteprime anche la risposta agli input dei comandi, che ovviamente nelle fasi platform riveste un ruolo decisivo. Un punto debole chiaramente potrebbe essere la longevità per un tipo di prodotto che non si presta alla rigiocabilità né contempla una modalità multigiocatore, essendo una esperienza pensata per essere vissuta esclusivamente in single player. Se intensità e ritmo saranno calibrati perfettamente nella versione finale, potrebbe trattarsi comunque di un difetto di poco conto. Siamo di fronte quindi ad una evoluzione importante ma senza eccessivi stravolgimenti del predecessore, con cui lo studio di Copenaghen (che nel frattempo ha ampliato il suo organico) spera di centrare il bis per ottenere la definitiva consacrazione tra gli utenti e gli addetti ai lavori.

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