Nel corso degli ultimi anni è aumentato esponenzialmente il fenomeno delle baby gang, ovvero quei gruppetti di minorenni in azione tra furti, risse e bullismo. Una storia drammatica è quella che arriva da Verona, con un padre costretto a denunciare la figlia 14enne, a capo di una di queste bande. Rapine, risse e intimidazioni nei confronti dei coetanei: episodi che hanno spinto il genitore a denunciare pubblicamente la giovane…



Intervenuto ai microfoni di TgCom24, Mario (nome di fantasia) ha spiegato di aver voluto raccontare la sua storia su diversi media locali e nazionali per fermarla e aiutare a sconfiggere il bullismo. L’uomo, nell’ambito di una campagna di sensibilizzazione, terrà anche degli incontri nelle scuole: «Quella delle baby gang è una questione di vigliaccheria, spero che i ragazzi ascoltino i miei consigli».



“Ho denunciato mia figlia, capo di una baby gang”

Il padre della 14enne a capo di una baby gang ha spiegato di aver scoperto le attività della figlia dai suoi comportamenti fuori dall’ordinario, atteggiamenti strani confermati dalle chiamate di alcune mamme: «Dicevano che lei e altre ragazze avevano aggredito le figlie». La minorenne è stata denunciata dai carabinieri per un furto commesso insieme ad altri cinque ragazzi. «Sono caduto dalle nuvole», l’ammissione del genitore, che ha deciso di indagare, scoprendo delle cose molto spiacevoli: «Ho cercato di parlarle e di farle capire che stava sbagliando. Ma davanti a me avevo un muro. Appena usciti dai carabinieri dopo l’episodio del furto, in macchina rideva. Io sono rimasto di stucco. Le dicevo: “Vabbè, ridi, ma ti rendi conto di quello che hai fatto?”. Ho poi scoperto che mentre eravamo in caserma pubblicava foto su Instagram. Successivamente, io e la mia ex moglie l’abbiamo portata da uno psicologo». Mario ha evidenziato di aver reso pubblica la sua storia per fermare la figlia, per farle capire che stava sbagliando: «Fino a qualche mese fa c’era un totale menefreghismo in merito, ora meno, ma non è abbastanza. Le istituzioni devono fare di più, intervenire subito. Il problema c’è da anni. Perché non si è cercato di evitarlo già prima? La prevenzione è meglio della cura. Non c’è più tempo. Bisognerebbe inoltre lavorare sui genitori, perché nessuno è perfetto. Dei corsi potrebbero aiutare». L’uomo ha poi acceso i riflettori sulle ripercussioni del lockdown: l’isolamento affrontato dai più giovani ha avuto dei riflessi devastanti, spingendoli a «fare macelli».

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