Durante l’udienza del mercoledì papa Francesco ha ricordato, tra l’altro, l’anniversario del terribile genocidio che portò allo sterminio per fame di milioni di persone negli anni 1932-33 noto in Ucraina col nome di Holodomor. Questa parola si riferisce all’espressione ucraina “holod” (morte, carestia) e “moryty” (uccidere).



Questa tragedia del XX secolo, che per il numero delle vittime non ha nulla da invidiare all’olocausto, colpì in un modo particolare l’Ucraina, ma in verità fu comune anche agli altri popoli dell’Urss.

Dopo l’“economia di guerra” che portò alla requisizione sistematica dei prodotti dell’agricoltura, e dopo la rivolta della base navale di Kronstadt, Lenin decise di attuare una riforma che consentiva, tra l’altro, oltre il ripristino della moneta, anche quello della proprietà privata dell’agricoltura. I grandi possedimenti agrari erano già stati divisi tra i contadini che divennero così proprietari, per lo più in forma collettiva, della terra. Questa riforma nota come Nep (Novaya Ekonomiceskaya Politika) permise di rifornire le città, affamate per il fatto che si erano interrotti i rifornimenti dalla campagna.



La riforma fu pensata per un periodo abbastanza lungo e giustificata da Lenin, secondo dettami rigidamente marxisti, con la necessità di passare alla piena attuazione del socialismo, dopo che il Paese avesse avuto il suo periodo di capitalismo, praticamente quasi assente nei Paesi dell’Urss. In verità durò pochi anni (1921-25) perché l’opposizione della sinistra bolscevica, sostenuta dal malcontento, questa volta, degli operai della città, portò a una reintroduzione di forme di statalismo.

Alla morte di Lenin (1924) il suo successore, Stalin, accelerò il processo di sovietizzazione e statalismo. Così si arrivò all’inizio degli anni Trenta alla grande fame che portò alla morte più di 6 milioni di ucraini, ma anche, ad esempio, di quasi 2 milioni di kazaki, su una popolazione molto inferiore a quella dell’Ucraina. Tutto questo è terribilmente documentato nel museo di Dolinka, capitale della deportazione in Asia Centrale.



Eroe, si fa per dire, della campagna stalinista, fu il piccolo Pavlik Morozov (1918-1932), che osò testimoniare contro i genitori in tribunale perché avevano nascosto due sacchi di farina dalla requisizione forzata. Furono condannati alla deportazione e il tredicenne Pavlik fu poi assassinato dal nonno e da un cugino per vendetta. Il regime sovietico fece dedicare al piccolo “martire” monumenti un po’ dovunque e la sua effige campeggiava sul distintivo dei pionieri.

Oggi ricordare l’anniversario del Holodomor, come si dice in Ucraina, o della “grande fame”, come si dice nel resto dell’ex Unione Sovietica, significa ricordare un misfatto che già alcuni negazionisti, tra i quali Bernard Shaw e Louis Fisher, cercarono di attribuire principalmente a cause naturali o, addirittura, alla responsabilità degli stessi contadini, che in effetti in alcuni casi arrivarono ad uccidere il proprio bestiame piuttosto che consegnarlo alle autorità sovietiche.

Comunque anche ridurlo ad una questione solo ucraina mi pare che non sia storicamente sostenibile, anche se è vero che fu soprattutto l’Ucraina ad essere colpita e, qua e là, ad opporsi. Questo spiega anche il fatto che quando durante la Seconda guerra mondiale le truppe tedesche, ed italiane, invasero l’Unione Sovietica a cominciare dall’Ucraina, alcuni accolsero gli invasori come liberatori dal comunismo.

D’altra parte, come mi è capitato di testimoniare in una puntata di Report, quello ancora condotto dalla giornalista Gabanelli, preparata nel 2011 da uno dei suoi registi preferiti, Fornoni, purtroppo il negazionismo “di sinistra” ha impedito di vedere come poi, nella repressione staliniana degli anni 1937-38, nota come le “grandi purghe”, tra i repressi ci furono anche moltissimi militanti comunisti. Dissi allora che tra questi ci furono veri martiri del comunismo, anche qualcuno che fino alla fine, nonostante tutto, non rinnegò i propri ideali.

Per questo credo sia giusto ricordare, anche a scuola, il dramma della grande fame, nelle sue dimensioni e nella realtà storica in cui è avvenuto.

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