Nel più ampio processo di questo tipo che si sia mai tenuto nella (una volta democratica e quasi occidentale) Hong Kong, il governo sostenuto dalla Cina ha condannato 14 attivisti pro democrazia che nel 2020 avevano presto parte alle numerosissime  proteste conto la legge che ora ne ha causato la condanna. Ci riferiamo al testo sulla “sicurezza nazionale” voluto dal Dragone lo scorso 2020 poco prima di un turno elettorale – che si sarebbe dovuto tenere nel settembre di quell’anno ma fu rimandato dalla Cina con la scusa del coronavirus – che avrebbe potuto sancire (secondo moltissimi osservatori) l’insediamento ad Hong Kong del suo primo governo realmente democratico.



Prima di arrivare ai retroscena, però, soffermiamoci un attimo sul processo che si è tenuto oggi e che vedeva alla sbarra 16 differenti imputati, parte di quei 47 – tra politici, docenti, manifestanti, imprenditori, attivisti e così via – arrestati nel febbraio 2021: tutti hanno trascorso più di mille giorni nelle carceri di Hong Kong e 31 di loro sono arrivati a dichiararsi colpevoli sperando nella clemenza della Cina. I 16 di oggi, invece, hanno continuato ad insistere sulla loro non colpevolezza e solamente 2 sono stati assolti dal tribunale, con l’accusa che ha già promesso di impugnare la sentenza per far condannare anche gli ultimi due sovversivi.



Hong Kong: per cosa sono stati condannati i 14 attivisti

Stando alla sentenza emessa oggi dal tribunale – con giudici e giuria scelti personalmente dal governo appoggiato dalla Cina – i 14 miravano a minare “il potere e l’autorità sia del governo che del capo dell’esecutivo per creare una crisi costituzionale a Hong Kong“. Il gruppo di 47 nel 2020 aveva organizzato delle primarie per individuare alcuni candidati da presentare alle elezioni parlamentari: circostanza – si sono difesi gli attivisti pro-democrazia di Hong Kong – concessa dalla costituzione e del tutto pacifica; ma vista dalla Cina – e questa era la tesi dell’accusa – come un tentativo di “abuso di potere” per via della promessa di opporsi al bilancio statale per costringere il governo ad ascoltarli o a lasciargli la maggioranza.



Oggi tutti gli occhi internazionali erano concentrati su quel piccolo tribunale cinese che ha raccolto anche diversi manifestanti, in parte arrestati dalla polizia (sempre ai sensi della legge sulla sicurezza nazionale), e non è tardata molto ad arrivare la risposta alla condanna da parte dell’Unione Europea. In una nota citata da Agi, infatti, la portavoce agli Esteri dell’Ue ha espresso la sua “profonda preoccupazione per il procedimento giudiziario motivato politicamente”, sintomo di “un ulteriore deterioramento delle libertà fondamentali e della partecipazione democratica a Hong Kong” per via di una legge voluta dalla Cina.