Rivolta o repressione? Quanto sta avvenendo a Hong Kong nutre lo stesso dubbio di quanto accade quelle rare volta in cui in Cina si viene a conoscenza di una qualsivoglia protesta contro il regime comunista: il Governo accusa i manifestanti di “rivolta reazionaria”, avendo così il via libera all’uso della forza anche spropositata per sedare ogni possibile manifestazione. La clamorosa protesta di piazza contro la legge sulle estradizioni ha portato nella tarda mattinata italiana l’assistere a immagini deprimenti con la polizia che ha caricato i manifestanti accusandoli di voler violare il Parlamento per bloccare la riforma della giustizia: la governatrice di Hong Kong Carrie Lam ha ribadito che la controversa legge sulle estradizioni in Cina non sarà ritirata. «Rivolte organizzate, le azioni di rivolta che danneggiano una società pacifica, ignorando la legge e la disciplina, sono inaccettabili per qualsiasi società civilizzata» conclude la governatrice dello stato “sotto” la giurisdizione della Cina. Sono almeno 20 i feriti tra i “riottosi”, come li definisce il potere di Hong Kong, con la protesta che è scemata ma resta attivissima nel centro della città. Intervistato dal Sir, Padre Criveller – missionario a Hong Kong del Pontificio Istituto missioni estere (Pime) da quasi trent’anni, oggi residente in Italia a Monza – ha spiegato «l’emendamento sull’estradizione è una tragedia: tutti sono contro. A favore c’è solo il regime di Pechino e questo governo che non è espresso dal popolo. Anche il Parlamento non è votato democraticamente, solo un terzo dei parlamentari sono votati dal popolo, gli altri sono nominati da gruppi pro Pechino». Il popolo di Hong Kong ha conservato un’anima, sottolinea il missionario cattolico «Io non escludo che ci sia qualche studente molto esagitato, ma è una forzatura da parte della polizia considerare questi scontri come una rivolta». Rivolta contro lo Stato o repressione dello stesso per le ultime libertà civili rimaste come quello di protesta?



RIVOLTA CONTRO LA LEGGE SULLE ESTRADIZIONI

Dopo giorni di manifestazioni e proteste in piazza ad Hong Kong una prima “vittoria” la folla oceanica schierata contro il Governo l’ha ottenuto: la legge che avrebbe consentito maggiori estradizioni in Cina per il solo fatto di essere considerati “sospetti cospiratori” è stata rinviata, con il Parlamento di Hong Kong che ha cancellato l’esame della riforma della giustizia proprio sotto la pressione mediatica e politica delle manifestazioni divenute virali in tutto il mondo. Questa mattina dopo l’annuncio, la polizia della città-stato asiatica ha caricato la folla con diversi scontri sia fuori dal Parlamento che in altre parti dell’ex colonia britannica. Nello specifico, il Governo chiede ai manifestanti di interrompere i blocchi al traffico e ai servizi pubblici che da giorni paralizzano l’intera società di Hong Kong. Nel frattempo, a causa delle manifestazioni, il presidente del parlamento Andrew Leung ha rinviato proprio questa mattina la seduta «a data da destinarsi».



HONG KONG, PERCHÈ LA PIAZZA PROTESTA CONTRO IL GOVERNO

Le maxi proteste hanno così fortemente colpito l’opinione pubblica non solo asiatica per un semplice ma decisivo motivo: vedere il popolo di Hong Kong ribellarsi fino a tal punto per impedire nuove leggi di subalternità alla Cina non è così visibile proprio tutti i giorni, specie con manifestazioni di norma pacifiche con il simbolo dell’ombrello aperto sopra la propria testa a identificare la protezione che il popolo di Hong Kong chiede al proprio Governo, invece che “svendersi” alla Cina. Ricordiamo poi come le stesse zone occupate oggi erano quelle largamente diffuse durante il Movimento degli ombrelli del 2014, la grande protesta per la democrazia che paralizzò per 79 giorni il centro di Hong Kong. Come ben spiega il Sole 24 ore, la protesta è esplosa nella ex colonia inglese contro un disegno di legge del parlamento «per facilitare l’estradizione in Cina, permettendo alla Repubblica popolare cinese di processare in patria i sospetti che risiedono a Hong Kong». Ad essere messo in crisi, secondo le fasce popolari anche più disparate, è che il sistema del “unico paese, due sistemi” – ovvero la convivenza sotto lo stato cinese di due sistemi diversi come la Cina e appunto Hong Kong – possa essere messo da parte per il dominio incontrastato e illiberale di Pechino. La nuova legge n Hong Kong viene vista come una minaccia per le libertà civili e il segno dell’ennesima ingerenza della Cina nell’indipendenza giuridica della città-stato: con il nuovo regime, dicono i critici, «l’estradizione potrebbe essere richiesta per catturare e processare più avversari politici che criminali comuni».

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