Tra le persone coinvolte nell’incidente in elicottero in Iran non c’è solo il presidente Ebrahim Raisi, ma anche il ministro degli Esteri Hossein Amir-Abdollahian, che fu accolto come il “soldato” del generale Qassem Soleimani, ucciso nel 2020 da un drone americano. Fu lui stesso a definirsi “soldato”, di sicuro è stato protagonista di un’ascesa personale che lo ha portato da uno dei quartieri più poveri di Teheran alla squadra di governo iraniana, dove ci è arrivato grazie anche all’esperienza che ha accumulato nell’esercito: dal 1980 al 1988 combatté nella guerra contro l’Iraq, esperienza che lo portò a entrare nel ministero.



Nel frattempo, Hossein Amir-Abdollahian si laureò in relazioni internazionali e conseguì master e dottorato in Relazioni internazionali. Il primo incarico diplomatico risale al 1997, quando venne nominato vice segretario dell’ambasciata dell’Iran in Iraq. Esperto di questioni arabe e africane, costruì il suo rapporto con Soleimani proprio da diplomatico e negoziatore, consultandosi con lui per tutte le indicazioni necessarie. Ad esempio, si rivolse a lui nel 2007 quando guidava i colloqui con gli Usa in Iraq, ma si è occupato anche delle trattative con la Cia e il Pentagono, pur essendo sempre sotto la supervisione del generale.



L’ASCESA DEL “PORTAVOCE” DEI PASDARAN

Il legame stretto con il generale Soleimani portò nel 2011 Hossein Amir-Abdollahian ad essere scelto come vice ministro degli Esteri per gli Affari arabi e africani, incarico che ha poi mantenuto nel 2013, ma tre anni dopo uscì di scena, pare, per divergenze con il ministro riformista Javad Zarif, anche se c’è chi parlò di presunte pressioni arrivate dagli Stati Uniti, nello specifico dall’allora segretario di Stato americano John Kerry, e di un tentativo del governo di Rouhani di colpire Soleimani per fiaccare la Forza Quds dei Guardiani della Rivoluzione.



In generale, prevalse l’idea che stesse danneggiando il dialogo con l’Occidente. A livello pubblico, Hossein Amir-Abdollahian venne presentato come l’uomo giusto per rappresentare la sintesi tra la diplomazia e i paramilitari, tra governo e pasdaran, ma nei fatti era portavoce dei secondi, di cui è considerato il volto presentabile.