Il borgo di Corippo, in Svizzera, oggi non è solo conosciuto per essere il più piccolo dell’intera Confederazione elvetica ma pure uno degli ultimi e più suggestivi esempi di accoglienza diffusa, dato che negli ultimi anni questo minuscolo comune si è riconvertito all’esperienza dei cosiddetti hotel diffusi non solo per valorizzare il suo fiabesco centro abitato e i meravigliosi paesaggi naturali che lo circondano ma pure per ovviare all’annoso problema dello spopolamento che riguarda anche molti borghi italiani ed evitando così che possa in futuro diventare un paesello fantasma. Si trova infatti all’interno del distretto di Locarno, all’interno del Canton Ticino e dunque a pochi passi dal confine col Bel Paese, questo Comune di appena una decina di anime (conosciuto come “Curip” nel dialetto del luogo) che per numero di abitanti è il più piccolo della Svizzera e che, nonostante alcune recenti polemiche di cui diciamo sotto, ha deciso di evitare il destino di tanti paesini fantasma trasformandosi in una grande struttura ricettiva che ora attira turisti da tutto il mondo e che pian pian sta rilanciando l’economia locale. Andiamo anche noi idealmente alla scoperta di Corippo e del suo albergo diffuso.



L’HOTEL DIFFUSO A CORIPPO, IN SVIZZERA

Il borgo di Corippo, con appena dodici residenti tutti avanti con l’età e abbarbicato sulle pendici della Val Verzasca, infatti è stato riconvertito come un unico grande albergo per tutti i sette chilometri quadrati della estensione, salvandosi così dalla triste fine comune ad altri centri montani che pian piano si spopolano dal momento che qui l’unica attività sopravvissuta era l’osteria locale: la sua storia affonda le radici nel 1200, epoca a cui risalgono le prime testimonianze anche se il centro fu istituito come Comune solamente nell’Ottocento ma da allora ha visto pian piano ridursi la sua popolazione dai 300 abitanti di un tempo. È anche per questo motivo che la Fondazione Corippo 1975 ha deciso di intervenire per salvare quello che si presenta come il caratteristico borgo della zona, con le sue casette in pietra e i suoi tetti in piode, attraversato da poche viuzze e che per la sua particolare conformazione si presenta ai suoi ospiti come un luogo accogliente e circoscritto. Il piano di recupero elaborato dalla Fondazione rappresenta una sorta di unicum in tal senso, almeno alle latitudini svizzere, con circa la metà degli edifici che sono stati soggetti a un progetto di restauro anche perché la loro realizzazione risale ad alcuni secoli fa.



UN PROGETTO CONTRO LO SPOPOLAMENTO, ANCHE SE…

Dunque a Corippo quello che si presenta ai turisti è un piccolo villaggio rurale in cui il tempo sembra essersi fermato e che in fondo non è così diverso da come era nell’Ottocento per merito anche delle tecniche di costruzione del passato che, ricorrendo a pietra e granito, hanno reso quasi indistruttibili le abitazioni. Ad ogni modo qui è oramai in corso da qualche tempo la riconversione del villaggio in un hotel diffuso: nel cronoprogramma dei lavori si è cominciato con Casa Arcotti, il primo cottage a essere restaurato e che è stato aperto al pubblico la scorsa estate mentre si parla di Pasqua 2020 come deadine per il completamento di tutti i lavori e per l’apertura ufficiale di questo borgo-albergo: e in attesa di capire come diventerà questo luogo che fino a poco tempo fa era quasi immerso nei silenzi montani, con i suoi vicoli e l’acciottolato lungo i quali non risuonavano più i passi, e dove ora magari la piazza d’entrata del borgo ma pure la Casa Comunale e la chiesa torneranno a vivere, va tenuto in conto un altro aspetto. Pare infatti che, nonostante fosse l’unica via per salvare Corippo, i suoi abitanti “superstiti”, forse anche perché tutti ultracinquantenni, tenderebbero ad essere in questi primi mesi alquanto schivi e timidi con i forestieri, senza però mai essere scortesi o poco ospitali: questo probabilmente perché erano abituati da sempre alla tranquillità e con la loro routine che presto potrebbe essere sconvolta da gente proveniente da ogni parte del globo, senza contare poi l’invasione (seppur pacifica) dei media arrivati a documentare sul posto la curiosa iniziativa.

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