A poco meno di 8 anni di distanza del tragico incidente che il 18 gennaio 2017 ha coinvolto l’Hotel Rigopiano di Farindola, il TgR Abruzzo ha intercettato e intervistato il Procuratore di Pescara Giuseppe Bellelli che si appresta a riportare il caso in Corte d’Appello per arrivare ad una reale e concreta realtà processuale e – soprattutto – restituire la troppo a lungo negata giustizia a tutte le famiglie delle vittime: in quel tragico evento (che tra poco ricostruiremo brevemente) morirono – infatti – 29 delle persone che si trovavano all’interno dell’Hotel Rigopiano e a distanza di 7 anni non è ancora chiaro chi si possa chiamare effettivamente ‘colpevole’.
Tornando in quel maledetto 2017, erano da poco passate le 10:25 del mattino quando nell’Hotel Rigopiano si avvertì una violenta scossa di terremoto dalla quale – a distanza di pochi minuti – se ne generarono tantissime altre: da lì fu l’inizio della fine perché nonostante venne disposto il trasferimento degli ospiti ormai impauriti, lo spazzaneve tardò e alle 18 l’Hotel fu completamente isolato a causa di una violenta valanga di neve e solamente il giorno successivo i primi soccorsi riuscirono ad arrivare nei pressi dell’ormai sepolta struttura; mentre ci vollero sette lunghissimi giorni per estrarre tutti i corpi e gli 11 sopravvissuti.
Il Procuratore Giuseppe Bellelli: “Non possiamo accettare che l’Hotel Rigopiano sia considerato una fatalità”
Tornando al presente – e qui trovate l’intera ricostruzione degli ultimi processi che si sono tenuti in merito all’accaduto all’Hotel Rigopiano -, l’invito del Procuratore di Pescara è quello di “non accettare il fatalismo di un disastro che determina tante vittime”, perché per quanto sia stato (trattandosi di una valanga) un evento del tutto “naturale” era altresì “prevedibile ed evitabile” con la giusta programmazione e pianificazione territoriale.
Mentre ragionando sui lunghi processi che si sono tenuti fino ad ora per il disastro all’Hotel Rigopiano, Bellelli ci ha tenuto a ricordare un fatto “che è stato ritenuto non penalmente rilevante [e] non ascrivibile a nessuno” ma che dimostra pienamente quanto i morti si potessero evitare: il riferimento è al “depistaggio” che c’è stato dietro “quell’ultima telefonata con cui [il cameriere Gabriele D’Angelo] chiede aiuto, dice ‘siamo sommersi dalla neve e non possiamo muoverci'” rimasta del tutto inascoltata ed – addirittura – sparita “dagli atti della Prefettura”.