Nell’affannoso arco temporale iniziato grossomodo dalla fine dello scorso inverno, si è parlato di una generale ripartenza, facendo riferimento alla graduale scomparsa delle restrizioni che erano state adottate per contrastare la pandemia. Ma nel tumultoso succedersi di alti e bassi, con un virus tiramolla ogni volta dato per morto e ogni volta rinato, con le industrie e i mercati finiti sotto lo scacco di una guerra nel Vecchio continente che ha innescato la spinta inflattiva, con il rialzo dei tassi, la scarsità di materie prime, la lievitazione delle bollette energetiche, in tutto questo marasma l’industria del turismo sta comunque dimostrando le energie meglio conservate. Evidente esempio di quella resilienza (una vera turisilienza) tanto invocata quanto lasciata in buona parte all’iniziativa dei singoli comparti.
Anzi, proprio il turismo, che davvero non è stato il segmento produttivo di Pil più sostentato dagli aiuti pubblici, dimostra ancora una volta di sapere risorgere con forze proprie, merito di operatori survivalisti, certo, ma forse ancora più frutto dell’inossidabile spinta vacanziera degli italiani e del mondo intero. A dimostrazione che viaggi e ferie non sono affatto un surplus azzerabile alla bisogna, ma un asset fondamentale su cui rapportare i calendari e aggiornare i panieri congiunturali della spesa.
Il report
Lo dimostra anche il recentissimo report 2022 sul mercato immobiliare alberghiero, presentato da Castello sgr e Scenari Immobiliari, l’istituto indipendente di studi e ricerche. Il rapporto conferma che per l’industria alberghiera è proseguito nei primi mesi del 2022 il percorso di ripresa avviato nel 2021. “In questo contesto – sostengono i ricercatori -, gli obiettivi di flessibilità e versatilità saranno i driver del 2022 e del prossimo biennio perché rispondenti alla domanda del nuovo viaggiatore: lavoratore non organizzato, turista frequente, escursionista destagionalizzato”. Il patrimonio immobiliare alberghiero a oggi stimato (pari a 116 bilioni di euro) si concentra per oltre la metà nel nord Italia (circa il 54%), mentre al centro e al sud (e isole) è localizzato rispettivamente il 26% e il 20% di tale valore. Nel 2021 l’allocazione degli investimenti tra le asset class real estate ha mostrato una forte predilezione da parte degli investitori per il segmento hotel, con transazioni per circa 2.1 bn (+92% sull’anno precedente, 20% sul totale investimenti), a discapito del segmento uffici. Cresce l’Interesse per il mercato dei resort, che arriva a quota 43% del totale transazioni alberghiere nel 2021, grazie ad acquisizioni di grandi portafogli e di prime-quality asset in destinazioni turistiche chiave come Cortina, la Costa Smeralda e i principali laghi italiani. Nonostante la pandemia e gli effetti causati dalle restrizioni agli spostamenti, il settore alberghiero si sta dunque riprendendo: dal secondo trimestre del 2022 si è sostanzialmente tornati alla normalità in termini di occupancy per i budget hotel e di ADR per il segment lusso.
Lo stato dell’arte
A oggi l’offerta ricettiva per quanto riguarda le strutture alberghiere conta 32.109 strutture (con un’offerta totale di oltre un milione di camere: nel tempo la dimensione media degli alberghi è cresciuta progressivamente arrivando alle 33 unità per immobile, con importanti differenze fra i cinque e i quattro stelle e le categorie inferiori), composta per il 2% da alberghi ricadenti all’interno della categoria cinque stelle e cinque stelle lusso, dal 19% da alberghi quattro stelle, dal 46% da hotel tre stelle e dal 33% da strutture a 1 e 2 stelle e residenze turistiche alberghiere (Rta). Gli esercizi extra-alberghieri contano 188.348 strutture, di cui ben il 60% è coperto da un’offerta riferita ad alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale e il 18% da b&b. A oggi quindi circa il 5,5% del patrimonio alberghiero italiano è di proprietà di catene internazionali, guadagnando di fatto mezzo punto percentuale sul 2020, e coprendo così il 17% dello stock di camere presenti in Italia. Attualmente il patrimonio immobiliare afferente alle catene alberghiere copre, a livello nazionale, il 50% dell’offerta di hotel dedicati al lusso, per un complessivo di cento marchi tra domestici e internazionali, e ha registrato il maggiore aumento di marchi rispetto alle altre categorie (+5%). Le strutture di alta gamma sono detenute per il 70% da operatori nazionali e formano complessivamente, tra marchi domestici e non, il 65% del totale degli hotel appartenenti a catene presenti sul territorio. La penetrazione delle catene alberghiere è attualmente supportata da numerosi progetti in pipeline per il triennio 2022-2024, che prevedono l’immissione sul mercato di oltre 21 mila camere, di cui circa la metà in fascia alta.
I trend
Analizzando gli andamenti si registra una riduzione del patrimonio immobiliare alberghiero, con percentuali pari al 3% nel primo quinquennio e del 5% sul decennio. Analizzando nello specifico gli andamenti per singola tipologia di struttura, si nota come la qualità dell’offerta oggi presente sul mercato e in fase di sviluppo si concentri nel garantire standard elevati. Di fatto l’offerta di strutture a 5 e 5 stelle lusso registrano gli incrementi maggiori, con crescite rispettive del 20% e del 53%, portando l’offerta totale a 601 strutture. Numeri e crescite positive si registrano anche per gli hotel a quattro stelle, che nel 2021 contano un totale di 6.217 strutture, con un aumento anche di camere del %5 e del 12%. Tutte in perdita con percentuali diverse, risultano invece le strutture alberghiere da tre, due e una stella, con perdite contenute per entrambe le fasce temporale al 3% per le prime, e perdite crescenti per i due e una stella. Di fatto i primi perdono sul quinquennio l’11% e il 21% sul decennio, mentre i secondi per gli stessi archi temporali diminuiscono rispettivamente del 14% e del 30%. Per contro le strutture extra alberghiere, nonostante su base annua perdano il 3%, nel quinquennio passato sono cresciuti nella loro totalità del 10% e in dieci anni del 53, con i B&B che per gli anni 2021-2017 mantengono pressoché invariata l’offerta mentre sui dieci anni sono aumentati del 36%. Trend di crescita che si ritrovano anche per gli alloggi in affitto gestiti in forma imprenditoriale, con crescite del 9% sul quinquennio e del 54% sul decennio.
Previsioni
Le conclusioni del report sono positive: le aspettative per il 2022 da parte dell’industria immobiliare alberghiera erano buone, e lo continuano a essere nonostante la riduzione delle proiezioni di crescita dell’economia e gli elementi di rischio politici ed economici. La diffusa fiducia nel settore è solida e si è concretizzata non solo nell’interesse per i trophy asset o nella coda delle operazioni opportunistiche, ma anche nella volontà (progettata o avviata) di espansione dei portafogli che, aventi come oggetto beni inseriti in prime location come Venezia, Roma, Firenze e Milano e in secondary location se si tratta di località di vacanza, puntano a finanziare gli asset, alla creazione o ampliamento di fondi, al consolidamento delle strutture attraverso processi di trasformazione. Il territorio nazionale sarà oggetto di numerose operazioni immobiliari alberghiere, comprendendo anche nuove aperture, ristrutturazioni e cambi di gestione avvenute nei primi mesi dell’anno corrente: si contano infatti quasi cento interventi, a oggi ipotizzati, tra il 2022 e il 2026. Roma domina la scena, con circa 27 nuove iniziative previste. Seguono Milano con 16 operazioni, incluso un hotel a Sesto San Giovanni, Firenze a quota nove, e infine Venezia con sette interventi, compreso un hotel a Murano.
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